Fino al 1807, l’artistico coro apparteneva alla badia benedettina di Santa Maria dei miracoli in Andria. Nel 1799 al tempo dell’ invasione napoleonica del regno, i monaci della badia avevano parteggiato per i francesi, scatenando la furia del popolo andriese,favorevole ai Borboni che saccheggiò quel convento di provata fede repubblicana.
Ben più grave fu il saccheggio che operò nel 1807, il re Giuseppe Buonaparte quando soppresse la Badia. Furono venduti a basso prezzo quadri, arredi, campane, libri, e persino le canne dell’organo e il piombo delle vetrate. In piedi restava solo l’artistico coro, che il re , dietro istanza del canonico biscegliese massimo Fiori, ex monaco della soppressa badia, donò al duomo di Bisceglie.
Massimo Fiore, cognato di Ottavio Tupputi, era stato uno dei più accesi e influenti religiosi della provincia . Prima “venerabile” della loggia massonica provinciale aveva quindi fondato una loggia a Bisceglie,dove era nata da nobile famiglia. Fattosi monaco cassinese, aveva mutato il nome in Giuseppe in quello di Massimo da Montecassino, passò ad Andria tra i monaci benedettini, che infiammò alle nuove idee liberali.
Nel 1799, all’arrivo dei francesi, il ventinovenne frate, studioso di leggi, tentò di liberare Andria dai Borboni, ma il tentativo fallì e il Fiori fu arrestato dal popolo, ma riuscì ad evadere e fuggì con il cognato a Napoli. Capelli biondi, occhi neri, faccia lunga e barbuta claudicante e col fucile sotto il braccio, l’indomito frate si batte da leone, in difesa della repubblica. Nuovamente arrestato fu condannato a 15 anni di esilio, ma per alterne vicende di quegli anni potrà rientrare subito a Bisceglie dove continuò imperterrito la sua attività politica.
Essendo stato abolito dai Francesi il suo ordine divenne prete canonico del duomo. Quando il Fiori si rivolse al re per ottenere, che il coro della soppressa badia andriese, fosse donato al duomo di biscegliese, le sue benemerenze politiche erano tali che il re non potè esimersi all’esaudire il suo desiderio.
Esso era il meritato premio, per chi aveva tanto combattuto e sofferto, con altri suoi concittadini per la causa della libertà.
Il coro di noce massiccio, rappresenta la storia dell’ordine benedettino, dalle origini alla fine del medioevo e copre l’intera parete inquadra i diversi papi, sino a quel periodo vissuti, alcune targhe recano i nomi degli imperatori o delle imperatrici benemeriti dell’ordine.
L’opera di autore ignoto, risale alla metà del 600, pregevoli colonnine, dividono l’una dall’altra spalliera, cinte da foglie per un terzo e scannellate nel resto, un capitello corinzio, statue e putti sono in stile barocco, l’ornamento è di stile rinascimentale.
Oggi, l’opera necessita di essere salvaguardata dai tarli e pulita a dovere in profondità, liberata dallo strato di coppale, che offusca la lucentezza e la bellezza del legno.
Anna Sciacovelli