Eravamo in casa di un parente di Carlo Francavilla,già Deputato, Senatore, giornalista, oggi vibrante poeta e Segretario del Sindacato Scrittori per il Lazio.
Ho conosciuto Anna Sciacovelli, non più di un anno fa Anna ascoltava i nostri discorsi-discorsi? Ricordi del dopoguerra, in una società che faceva fatica a trovare la sua via democratica – con grande attenzione; direi con assorta aria monacale: nel senso- non mi si fraintenda- della compunta partecipazione al nostro magmatico discorso. Erano in verità tempi difficili: rivelare una disponibilità verso le correnti di sinistra o, peggio, fare del sindacalismo si traduceva-da parte di chi allora aveva il Potere- in una reazione che era pagata sulla pelle.
Mi meritai- ma è esatto il verbo?- in quel tempo lontanissimo sei anni di vita in Basilicata perché”scomodo” nella Bari conformista di quell’epoca. Di questo e altro parlavamo con Carletto Francavilla alla presenza di Anna discreta e attenta. L’umanità di questa donna l’ho conosciuta meglio in Svizzera: ci siamo fortuitamente, incontrati a Berna dove, in un grande teatro, i pugliesi della Confederazione Elvetica festeggiavano il decimo anniversario della fondazione della loro Associazione.
A un certo punto io ho letto, ai nostri corregionali, un passo della “Passione di Cristo”, una mia certa opera teatrale che prende l’avvio da quel tale personaggio di 1982 anni fa. Ma, avevo non so che timidezza a rimanere solo sul grande palcoscenico, di fronte alla sala gremita; e stato allora che ho chiamato ad Anna Sciacovelli, poetessa, di venire con me, sul palcoscenico.
“Dì anche tu qualcosa” le ho detto dopo aver recitato il mio brano. Anna allora si fece di brace” “No, io non recito di fronte al pubblico…Non posso”. Come non puoi?”, ho chiesto con la mia arroganza che è davvero tale quando divento prepotente. “Sai, devi far calare il sipario…” “Sei pazza! Calare il sipario” ! ho ribadito con l’ arroganza di cui ho detto.
E Anna, tutta timida: ho paura… Riesco a dire le mie cose solo se non vedo gente. Il pubblico mi fa paura.”
“Vai…”, allora le ho imposto” “Su, è il tuo turno: recita ho ancora intimato e sono sceso in platea.
E’ stato allora che Anna ha recitato una poesia bellissima che parlava di emigranti, di stazioni, di scialli, di ricordi di San Nicola. Tutte cose struggenti, senza retorica, sul filo di una poesia partecipativa di antico sapore. Quando abbiamo chiesto ad Anna la copia di quella bella composizione, con il suo candore monacale ha risposto: “Copia? Ma io quella poesia l’ho composta là per là. Ora non ricordo più niente.”
Adesso ho invece, di Anna Sciacovelli un testo teatrale battuto egregiamente a macchina, finanche illustrato da un bel disegno di Luigi Giacopino.
Si chiama, questo lavoro, “Una causa particolare” ed è un bell’esempio di teatro popolare.
I due atti sono difatti centrati su quattro fratelli, quattro fratelli mutuati da una non tanto vecchia civiltà contadina; questi personaggi hanno un grosso problema. Un bel fratacchione, incontrandoli mentre abbondantemente sudati lavoravano nel loro campicello, ha rivolto un cordiale saluto.
Ma a quale dei quattro omaccioni ha rivolto il buon Frate che tra l’altro si chiama Fra Cristoforo, il suo cordiale buongiorno?. Ha salutato il contadino più bello o il più giovane? O ha inteso salutare il più anziano o invece quello che- in chiesa- gli va a smorzare le candele? Il dilemma diviene ancora più arduo quando il frate, interrogato dai quattro ansiosi agricoltori, risponde che lui ha voluto salutare il “più scemo” dell’eletta compagnia. Apriti cielo! Chi è adesso il “più scemo?” Prendendo le mosse da questa storia “mutuata da un racconto popolare ricordato dalla madre – Anna Sciacovelli l’ha portato avanti con tutte le implicazioni sottese nell’apparente ingenuità contadinesca, per due vivaci atti. Si sprigionano così come da una quercia che è piena di foglie e di arbusti, nuove situazioni e accattivanti battute tutte modellate con il buon sapore del pane casereccio. Appaiono gags- ma non so se sia esatto usare questo termine mutuato dal vecchio spettacolo-, appaiono dicevo, comicità che sono mai gratuite: esse derivano da autentiche contadinesche situazioni “create” dai quattro ”popolani”… E se la risata esplode piena, si ride contagiati dalla loro” categoria culturale e sull’onda di una maniera di vivere “ironizzata” di dentro.
L’operazione è genuina, è qualcosa che nasce dallo stesso racconto: senza la presenza dei soliti trafugatori di antiche storie che, una volta impadronitisi dei tessuti pur ruvidi, li adattano a loro piacimento ai gusti deleteri del pubblico, li rivoltano- come vecchi vestiti usati- inquinandoli finanche nella trasparenza degli umori. Insomma Anna Sciacovelli, ci ha insegnato un racconto drammatizzato con vigile cura, rispettando le espressività non solo formali legate a tale particolare tipologia narrativa. Un lavoro, dunque, che merita attenzione e che indubbiamente sarà nella sua fresca esuberanza per l’altra operazione che- a quanto mi dice- affronterà Anna Sciacovelli. Fra le altre sue attività, Anna dirige “un gruppo teatrale” formato da ragazzi, attori ideali per Una causa particolare”. Quale migliore comicità difatti di quella dei giovanissimi che si calano nei ruoli dei “grandi” con lo slancio e la serietà propria della fresca età non ancora sfiorata dalla “routine” recitativa e dall’altra piaga del teatro: la falsa professionalità?
Riportato dal documento originale, datato e firmato, dal commediografo, Vito Maurogiovanni, Bari 1986.
Riportato e scritto da Anna Sciacovelli