Forse se metto gli occhiali un po’ più scesi sul naso, non si vede.
Ecco così.
E ,magari , ancora un po’ di correttore sullo zigomo.
Mentre lo stendo provo una fitta acuta e lo specchio mi rimanda una smorfia di dolore, il capo scatta all’indietro, gli occhiali cadono fragorosamente a terra.
Reprimo un singhiozzo e mi abbasso sulle ginocchia per raccoglierli.
Una stretta allo stomaco: sotto al como’, oscena nel suo allegro e innocente colore rosso, una pantofolina di Mirella.
Le lacrime, benedette, liberatorie, ora vengono giù a fiotti.
Ieri sera è finita lì, quando lei è scappata in camera, mentre le urlavo come una forsennata ” Chiudiiii! Chiudi a chiave”
E intanto Federico… no, non Federico, la bestia, si scatenava e gettava via tutto il suo livore contro la vita nella sua violenza di pugni, calci e schiaffi.
Non ce la faccio a rialzarmi, ho troppo dolore dappertutto.
Ma se non lo faccio ora, non troverò mai più il coraggio di farlo.
Mirella è via, da mia sorella, è al sicuro.
Federico è in ufficio: Federico stavolta, non la bestia.
Mi scoppia il cuore, la testa.
Federico è l’uomo che amo, che ho sposato, che ho voluto con tutte le mie forze, che mi ha dato Mirella…
Non è lui quando la bestia dell’alcool se ne impossessa e torna a casa senza sapere chi è e dov’è. E chi siamo noi e perchè ci odia e ci prende a calci… No, Mirella mai, le faccio sempre chiudere la porta, la riparo io, che mi massacri pure quella bestia, ma la bambina non si tocca.
Quando poi cade a terra sfinito e si addormenta, spesso nel suo vomito, torna il mio Federico, l’uomo amato. Si sveglia e non sa nulla, non ricorda.
La prima volta pianse: “Lina? Dove sei stata? Chi ti ha picchiata così? Mi tradisci allora! ” E quando gli spiegai che era stato lui, che aveva bisogno di un medico, di aiuto, che doveva stare lontano dagli alcoolici…i suoi occhi si smarrirono, pieni di lacrime, scappò via e solo dopo tre giorni tornò, ubriaco fradicio e violento come un uragano: due costole rotte e il labbro spaccato, ho ancora la cicatrice.
In famiglia se ne sono accorti, hanno mandato una donna poliziotto a parlare con me, anche i vicini hanno testimoniato per i rumori e i colpi sentiti.
Allora non ho voluto, è il padre di mia figlia, lui non era così, lui non è quella bestia, che racconterei a Mirella da grande, che ho denunciato suo padre…
Ma stanotte ha preso un coltello e la bestia aveva uno sguardo che non dimenticherò mai, ero terrorizzata, ho avuto il terrore che la porta di Mirella non reggesse ai suoi colpi, che la bambina uscisse…
Mi sono rialzata, zoppico un po’, adesso vado in commissariato, mi sono decisa, per la bambina, per me.
Ma è come se quel coltello, adesso, lo stessi affondando nelle carni mie e di Mirella e di Federico, il mio Federico, non la bestia, e mi sento uno schifo…l’amaro in bocca, il disgusto per tutto…
Do l’ultimo giro di chiave.
Non tornerò mai più qui, ho perso l’azzurro ormai.
Concetta Antonelli