Il legame tra tecnologia e videogiochi è da sempre stato indissolubile: al progredire della prima si ritrovano i riflessi sulla seconda. Le innovazioni dagli anni ’60 in avanti sono state numericamente incredibili e molte di queste hanno trovato un posto all’interno dei videogiochi attuali, sia che si parli di accorgimenti a livello di grafica sia di giocabilità vera e propria. Si pensi banalmente all’introduzione del colore nei videogiochi, o del sonoro, aspetti che solo oggi appaiono scontati ma che di certo non lo erano solo una manciata di decenni or sono. Tra le innovazioni più recenti è possibile includere senza dubbio l’uso dell’Intelligenza Artificiale per simulare alcuni scenari o creare mappe di gioco sempre più verosimili o ancora il visore per la realtà aumentata, che offre all’utente la possibilità di un’immersione a 360° nella trama del gioco che si sta utilizzando.
Non tutte le aziende, tuttavia, hanno dimostrato di saper stare al passo coi tempi: alcune lo hanno fatto, come i vari fornitori di slot machine o colossi del calibro di Microsoft o Nintendo. Altrettanto numerose sono le realtà che hanno dovuto chiudere i battenti perché incapaci di saper sfruttare a dovere il proprio potenziale, oppure per investimenti errati. La prima che si è scelto di nominare è Maxis, la casa di produzione di SimCity prima e soprattutto The Sims dopo. La sua fondazione risale al lontano 1987 ed è entrata nella storia con due titoli che ancora oggi rappresentano un successo planetario, The Sims (e tutte le sue versioni) soprattutto. Questa società, tuttavia, dopo i successi planetari dei primi due titoli, ha inanellato una serie di buchi nell’acqua (tra cui SimCopter) tali da far valutare la cessione dei titoli. L’offerta migliore fu quella di Electonic Arts, che nel 1997 ha acquisito i titoli che ancora oggi macinano centinaia di migliaia di vendite.
Un altro nome finito nel dimenticatoio è quello di Evolution Studios. Si tratta di una casa di produzione britannica fondata nel 1999 e per un decennio ha legato il suo marchio al mondo delle corse su strada. La serie di debutto è stata la fortunata WRC per Playstation 2, ma è con le console di nuova generazione che ha avuto inizio il calo drastico. Prima MotoStorm e poi soprattutto Driveclub hanno evidenziato errori grossolani nella progettazione da parte dell’azienda, interrompendo la sua storia nel 2016, con la chiusura decisa da Sony.
L’anno successivo è stata la volta di un’altra chiusura, quella di Visceral Games. Un nome curioso per la casa di produzione, scelto appositamente per richiamare il genere dei titoli proposti. L’obiettivo, infatti, era quello di proporre esperienze di gioco “crude”. Tra i titoli più celebri dell’azienda c’è senza dubbio Dante’s Inferno, che di lì a poco è stata costretta a chiudere da Electronic Arts.
Le ultime due chiusure, infine, riguardano aziende che hanno segnato un’epoca nel mondo dei videogiochi: Midway e Atari. La prima è conosciuta fin dagli anni ’50, attiva già nel mercato dei flipper. In seguito è stata la casa di produzione di riferimento per quanto riguarda la produzione di videogiochi nelle famose sale giochi. Grazie ad accordi stretti con Taito e Namco, Midway è riuscita a portare nel mercato occidentale due mostri sacri quali Space Invaders e Pac-Man, titoli che hanno segnato per anni intere generazioni. Un titolo, invece, prodotto integralmente da Midway è Mortal Kombat, noto anche a chi non è stato un giocatore e ancora oggi in produzione. Nel corso degli anni ’90, tuttavia, si verificarono le prime perdite e nel 2009 fu costretta a dichiarare bancarotta. Lo stesso anno è stata inglobata da Warner Bros, mentre Interactive Entertainment ha acquistato i diritti per la commercializzazione dei suoi titoli, garantendo così una loro sopravvivenza.
L’elenco delle case di produzione che sono state costrette a chiudere non poteva non concludersi con quella che è considerata la casa madre di tutti. Atari è stata fondata agli inizi degli anni ’70 da Nolan Bushnell e Ted Dabney. Di fatto è stata l’inventrice dell’industria videoludica casalinga grazie al titolo Pong: un simulatore di ping-pong da attaccare al televisore. La grafica era estremamente rudimentale: la schermata era divisa in due da una linea tratteggiata volta a simboleggiare la rete, in ciascun lato del campo si ritrovano due rettangoli che erano le racchette e il punto bianco, vale a dire la pallina, si spostava da una parte all’altra del campo. L’Atari è una casa di produzione non solo di videogiochi ma di console vere e proprie, come l’Atari 2600. Agli inizi degli anni ’80 sorsero però aziende intenzionate a competere nello stesso mercato, in particolare Mattel (con Intellivision) e Nintendo (con Game Boy). Sono seguite acquisizioni da parte prima di Hasbro e poi di Infogrames ma nessuna di queste ha permesso al gruppo di tornare ai fasti di un tempo.