Nel suo “schema narrativo” l’artista Elisabetta Fuiani, si pone nella dinamica dell’inversione, dal basso verso l’alto, adottando un elemento formale di carattere solenne, altre volte l’artista si difende, scagliando in forme prefigurate e refrattarie il suo normale dinamismo, quasi moto perpetuo del suo “dire”.
Questa sua soluzione “scenica”, alla quale Elisabetta non riesce a sottrarsi, si contrappone a forte personalità,dalla quale è difficile uscirne totalmente, anche se alle volte impegnandosi in una felice transazione con se stessa, riesce a mediare parzialmente le sue impennate.
Quale “serva di se stessa”, l’artista ipotizza lo svolgimento di un‘opera, non condivisa da molti, percorrendo una via diametralmente opposta, ma nella realizzazione del manufatto, prova un appagamento interiore totale, che la rende felice.
Attraverso un meccanismo di scambio del dare e dell’avere, che scambio non è, Elisabetta riesce a far quadrare il gioco, che gioco non è, puntando non sul fallimento, ma sul dinamico gioco delle parti, Lei artista, verso altri utenti del suo dato formale.
Dalle sue tele emergono due risultanze molto evidenti, lo svolgimento di una tematica e il narrare di racconti sconosciuti ai più, ma non per questo il dialogo con se stessa si ferma, anzi procede senza sosta coinvolgendola sempre più , nel suo stesso dinamismo del divenire.
Dalle sue opere “mute” si ode un urlo altisonante e inumano, che trafigge timpani sordi, ma le posizioni rimangono apparentemente immutate
E lo “IO” parlante non ha voce, il quadro, rimane fermo nella sua primaria condizione d’immobilità totale.
Il dibattito, che l’artista approccia, con l’indifferente uomo moderno, si perde nel vuoto sterile del silenzio, mentre la “voce della sua anima libera”, annega in un mare di albagia, prepotentemente emerge in Lei la necessità di narrare a gran voce i travagli interiori, quando nessuno ascolta la sua “narratio”, si blocca e diventa voce nel deserto.
L’artista, quando avverte che il racconto diventa uno sterile soliloquio, smette di avere un ruolo narrativo e si chiude a riccio, per non essere più ferita, si allontana verso altri lidi.
Anna Sciacovelli