Una figura signorile, si staglia dietro una porta a vetri, che funge da divisorio, allo slargo della grande casa, una donna accurata nel vestire e nella persona, perfetta padrona di casa, mi accoglie come amica di vecchia data, un abbraccio sincero e un bacio mi danno la sensazione di essere in famiglia.
Piano, Nenè apre la porta, che si affaccia sul grande spiazzo verde, antistante alla casa atavica, che raccoglie cimeli di molte vite vissute, con serenità e tranquillità e con vero amore.
Le diverse stanze spaziose e solari, raccolgono e accolgono ospiti giunti da lontano, con un bagaglio di conoscenze diverse.
Nel soggiorno, conche e brocche antiche, sia in coccio sia in rama rossa, per la conservazione dell’acqua o del vino, che arredano la sala d’ingresso, a un lato della stanza, una breve scala di legno, che porta al piano superiore.
Entrando in casa ci accoglie, il leggero crepitare del camino, che tra mille scintille, porge il benvenuto alle due donne, Anna e Maria Gabriela, che bagnate dalla pioggia e infreddolite, si rifugiano, al caldo tepore presso il grande camino, con la scusa di ammirare un quadro alla parete, la realtà erano alla ricerca di semplice calore, sollecitate anche dallo scintillio delle faville nel grande focolare, attratte dalla costante musicalità dei ceppi, che crepitavano vivacemente.
Ci accolgono sorpresi e sorridendoci i padroni di casa, che attizzando il fuoco, c’invitano a sederci e occupare un posto a tavola pronta per il pranzo. Con affabile tranquillità ci fanno partecipi della loro giornata di festa e di serenità. Il marito, un uomo calmo e mite emana serenità a, ogni piè sospinto.
Nella casa, una calda accoglienza, oltre il camino acceso, i padroni di casa sorridenti erano oltre la soglia, in attesa delle due donne, appena giunte dalla città di Ancona.
Il cielo imbronciato, non prometteva nulla di buono se non la pioggia sottilissima che da noi pugliesi in dialetto, si chiama “fènirigghie” pioggia fine.
Un pranzo leggero ma sostanzioso, poi un pomeriggio, dedicato a parlare del nostro passato, e dell’attuale momento in cui si vive, insomma si parla e di noi.
Una domanda implicita la mia “Mi scusi Signora, perché tutti La chiamavano e continuano ancor oggi a chiamarla Nenè?” La signora con sincerità e gentilezza risponde alla mia domanda. “In realtà mi chiamo Elena, sia mio padre, che tutta la famiglia ha preferito usare per me il vezzeggiativo Nèné, essendo piccola, minuta e l’unica bimba di casa, questo nome mi è rimasto appiccicato addosso da sempre.” Poi, dopo una lunga pausa, riprende a narrare. “Oggi che ho circa ottantadue anni, questo vezzeggiativo non mi sorprende più.” Curiosa da sempre, ho voluto sapere, di quel vezzeggiativo e il perché, quindi ancora una volta chiesi: “Per cortesia signora Elena, può spiegarmi, come mai, con il suo bel nome, ha deciso di… perché cambiarlo e perché per tutti, è diventata Nenè?” Sorridendomi rispose: ”Ero l’ultima Nenè, in famiglia altre due donne, mie cugine avevano portato quel nome, la prima Elena, era morta all’età di ventidue anni, nella metà dell’Ottocento, la seconda all’età di ventinove anni, a fine dello stesso secolo, in anni diversi, entrambe nate e morte nell’Ottocento, per malanni, che non conosco. Sicuro che la terza Elena, sarebbe stata più fortunata delle altre, la figlia di certo avrebbe superato ogni problema, solo per questo, mio padre, volle una figlia con il nome Elena, fortuna ha voluto, che oggi sono ancora qui, con i miei 82 anni.” Poi, quasi ripassando una lezione continuò sorridendo, il racconto: “Sono stata mandata in collegio, all’età di dodici anni, da piccola sono stata sempre molto coccolata, sia in casa, sia fuori, ma in collegio, mi sentii persa.”
“ Sono tornata a casa dal collegio all’età di diciannove anni dopo essermi diplomata, una giovinezza arida e senza affetti diretti.” Nell’ascoltare Nenè mi sembrava di sentire una musica antica, del 1928 dal titolo ”Profumi e Balocchi” la musica mi rintronava nelle orecchie e nella mente, come un vecchio carillon. Il tempo iniziò a imbronciarsi, tuoni e pioggia sottile, annunciavano l’acqua a catinelle imminente, dovevamo percorrere circa quaranta chilometri, per raggiungere Ancona, con il buio pesto, con Gabriela, decidemmo di riprendere la via del ritorno. Lungo la strada, la mia mente non dimenticava le parole di Nené, mi sembrava di rivedere un film visionato tante volte. Mi tornava sempre in mente il ritornello di una canzone, mai dimenticata.
“Tutta scintillante la vetrina.
Piena di balocchi e profumi,
Entra la mamma e la bambina,
Tra lo sfolgorio di quei lumi.
“Comandi signora?” “Cipria e Colonia Coty. ”
“Mamma!” mormora la Bambina
Mentre di pianto ha gli occhi,
“Per la tua piccolina, non compri mai balocchi.
Mamma, tu compri soltanto profumi per te.”
Anna Sciacovelli