La donna nell’arte, è stata accettata quasi sempre come soggetto da ritrarre, quale raffigurazione della bellezza e della grazia femminile, l’apposizione della sua figura nei quadri, ha condizionato la donna, relegandola inizialmente, nel ruolo di un semplice manichino.
Sia i collezionisti, che i fruitori dell’arte, hanno considerato, quasi sempre la donna, come un oggetto da guardare, l’oggetto del desiderio, non dichiarando mai la natura dello stesso, che poteva essere possessivo, estetico, erotico o romantico, motivo per il quale, sublimando la donna al solo soggetto da ritrarre, gli artisti non davano peso, alla sensibilità interiore della stessa.
La superiorità maschile, abilmente messa in luce dalla società dell’epoca, non concedeva spazio alla donna artista, ma la relegava, al ruolo di madre, cuoca, lettrice, tessitrice, ricamatrice, sarta, dedita quindi, ai semplici lavori manuali, che soffocavano l’estro e la fantasia della donna, ma che emergeva di contro, nei disegni degli arazzi e dei tappeti.
Solo nel XIX secolo, in maniera esplicita, la donna prende coscienza di sé e del suo essere completa, coerentemente e palesemente, inizia ad affacciarsi nel mondo dell’arte fino a coinvolgere significativamente, anche la società, che l’aveva relegata al semplice ruolo di serva padrona.
L’arte, quale mezzo di espressione universale, ha incantato le donne, ma anche perché le stesse, nella società contemporanea hanno raggiunto libero accesso all’educazione, istruzione, all’adempimento di importanti mansioni lavorative, hanno conquistato un segmento nell’arte, di grande rilievo, sia nella produzione che nel consumo di opere d’arte.
Per gli artisti, l’Arte è vita.
Anna Sciacovelli