La sua pittura è stata definita “grande magica, mitica, inquietante, placida, fiabesca e bella”; Leonor Fini, genio ribelle e contraddizione vivente, è di certo da annoverare tra le più coraggiose, indipendenti e libere artiste donna, che il novecento abbia prodotto.
Le sue fantasticherie ricercate, le sue invenzioni, sono accompagnate, difatti, da uno stile di vita personalissimo, eccentrico e stravagante in più anticonformista, le sue apparizioni in pubblico enfatizzate dai bizzarri costumi disegnati da lei stessa: quotidianità ha corso sul filo estremo dell’arte.
Figlia di madre italiana e padre Argentino, Leonor Fini, lasciano l’Argentina e si reca in Italia insieme alla madre. Portata via, da Buenos Aires, prima di compiere un anno.
Con propria madre si fermano a Trieste dove, si trasferiscono definitivamente, costrette a sfuggire ai tentativi di rapimento orditi dal proprio padre, in Italia, la madre le fa indossare abiti maschili, fino agli anni della pubertà.
Educata alla cultura in generale, Leonor manifesta un precoce interesse per l’arte ma, ostica all’insegnamento accademico, inizia a disegnare da autodidatta e ad apprendere l’anatomia umana, osservando i corpi nell’obitorio di Trieste.
Per Freud, che peraltro era passato dalla stessa città della pittrice, ha una vera predilezione e non a caso la sua prima composizione, intitolata “La tentation, recontre pendat la nuit”, sembra ispirata dalle giovanili letture dell’opera del grande scienziato austriaco. I suoi dipinti saranno da allora costantemente ambientati in scenografie ambigue e inquietanti, animate di oggetti di misteriosa valenza psicoanalitica.
A diciassette anni a Milano, presso la “Galleria Barbaroux”, ha luogo la sua prima mostra personale. Subito dopo, Leonor, si trasferisce da sola a Parigi, dove si afferma per il suo talento e come una brillante artista con un e personale talento, entrando in contatto con il gruppo dei Surrealisti e divenendo amica di Max Ernst che la elogiava, per lo stupefacente campionario di creature fantastiche disegnava sulle tele.
Amica di Victor Brauner e Jean Coecteau il quale affermava “Che col suo realismo irreale era in grado di riassumere tutte quelle correnti di pensiero per cui ancor più vero è il segno”. Sebbene abbia regolarmente anche esposto con Breton la sua cerchia in occasione delle loro grandi mostre internazionali particolarmente espressiva ed efficace quella del 1918 a New York, con presentazione di – Giorgio de Chirico e Paul Eluard – Leonor ha sempre rifiutato di considerarsi parte del gruppo, contraria altresì a qualunque tipo di classificazione per la propria arte.
Aveva conosciuto Italo Svevo, Umberto Saba, Bobi Bazlen, ma fu molto apprezzata negli incontri del tutto casuali con De Pisis e Cartier Bresson.
Durante la seconda guerra mondiale l’artista si sposta a Montecarlo e poco dopo, momentaneamente a Roma, dove stringe forti legami con il locale mondo intellettuale, la sua passione per i gatti in casa arrivò a ospitarne più di venti insieme – è motivo d’incontro, con Anna Magnani ed Elsa Morante.
Oltre gli amatissimi felini, sono soprattutto gli oscuri e sensuali soggetti femminili ad attirare Leonor, visti della pittrice attraverso un linguaggio pieno di suggestioni, derivate dal romanticismo tedesco, dal decadentismo della Secessione viennese e dal simbolismo francese, e da una certa tradizione del fantastico che va dalla pittura rinascimentale fiamminga al manierismo italiano.
Spesso, simboleggia nei suoi lavori la caducità dell’esistenza, altre volte sono la dimensione metafisica ad avere il sopravvento, molto forte sono state nei suoi lavori le influenze degli artisti Modigliani e di Picasso.
In essi si manifestano le sue radicali idee femministe. Emerge così, Il proprio ideale di donna forte, autoritaria, bella e passionale, in grado di scalzare l’uomo nella corsa del dominio del mondo.
L’arte di Leonor Fini, costituisce, in questo senso, un valido punta di vista “al femminile” della temperie emotiva e poetica del Surrealismo e l’interpretazione, in particolare dell’ossessione per il corpo femminile e per l’erotismo tipico di quel movimento.
Disegnatrice virtuosa, capace di sperimentare qualunque medium grafico e pittorico, la Fini è stata anche un’illustratrice molto originale, di testi del De Sade, Audibert, Poe, Cocteau, Racine, Shakespeare, Faulkner e altri autori a lei vicini per sensibilità, apprezzata come scenografa per balletti, teatro e cinema.
Leonor Fini è morta a Parigi nel 1996 all’età di circa settantanove anni.
Anna Sciacovelli