Nell’antica città di Bari, presso la Cattedrale dedicata alla Madonna di Costantinopoli, e precisamente in via Boccapianola numero uno, ancora oggi sorge un grande caseggiato. Adesso è sede di alcuni uffici del Comune della città.
Si dice, che la struttura appartenesse a una congrega delle suore di clausura, tanto che nei primi anni del novecento le suore, potevano raggiungere la Cattedrale, internamente da una breve galleria sotterranea, da questa, si accedeva direttamente alla cripta della chiesa, alle suore quel passaggio serviva per assistere alla santa messa a prima ora, senza l’obbligo di percorrere quel breve tratto di strada a piedi.
Acquistato dai miei bisnonni, nel lontano 1816, il palazzo aveva due slarghi interni, molto soleggiati e tante stanze di varie misure, un grande terrazzo con diverse piante, serviva alla comunità come punto d’incontro estivo, dedite al ricamo trascorrevano la loro vita, tra preghiere e osservanza delle regole, della loro vita monastica.
All’interno dell’edificio, si erano istallati diversi gatti, per evitare che i topi prendessero il sopravvento. Suor Elia e Suor Chiara erano addette alla cucina, mentre la superiora si chiamava Suor Gabriella ed era originaria del Veneto.
La prima suora, era addetta alla dispensa, la seconda ai fornelli, mentre suor Gabriella era la Superiora e s’interessava alle pratiche burocratiche dell’intera congregazione, che era alimentata economicamente dalle dote, che le suore portavano e versavano nella cassa comune, quando pronunciavano i voti.
All’interno, tutto si svolgeva senza che trapelasse nulla all’esterno, orari prestabiliti per la cura personale, preghiere, ricamo, musica classica al pianoforte le mani di suor Giovanna volavano veloci sulla tastiera le cui note si dilagavano oltre le finestre, pittura, pranzo, cena, orari scanditi da diversi orologi posti in vista in punti strategici dell’edificio stesso.
Spesso il cibo delle suore, era sformato di pesce, che i pescatori vendevano direttamente alle suore, tramite una piccola ruota, da dove passava di tutto dai libri alle cibarie, la suora addetta alla ruota era una delle più anziane per tutelare le giovani donne dal mondo esterno.
All’interno, i gatti erano cinque che si contendevano le poche carezze delle suore e la pochissima attenzione che veniva a loro data.
Di Suor Elia, era sempre all’erta, per evitare, che i gatti entrassero nella grande dispensa, dove il cibo era depositato e abbondava a dismisura.
Un gatto era il capobanda e la faceva sempre franca aveva un pelo fulvo e nero, come la pece solo il viso era bianco dove spiccavano due occhi vispi e furbi, sapeva attendere con pazienza sui ballatoi delle finestre e al momento opportuno riusciva a portare via dalla dispensa qualche aringa salata o qualche pezzo di baccalà essiccato da qualche tempo.
Furbo da non dire, era capace di stare fermo per delle ore sul ballatoio di una finestra facendo finta di dormire. Mentre in realtà era attento alle mosse della sua acerrima nemica, Suor Anna, la quale cercava di cacciarlo in cantina, oppure nella legnaia o carbonaia, dove c’erano scorte di legna e di carbone, la sua lunga e pelosa coda, strusciava sul pavimento come una scopa, raccogliendo anche le piccole briciole cadute dal tavolo, dove si faceva colazione o si cenava.
Spesso con la zampa riusciva a far cadere un pezzo di torta di pane, sulla tovaglia cercando di farlo scivolare a terra, per poterlo mangiare senza fare danno.
Un giorno, Luigi il pescatore più accreditato presso le suore, volle fare omaggio alle suore di un cesto colmo di sarde appena pescate, fecero passare la cesta dalla ruota e rimase in attesa della cesta vuota. Il tempo passava e la cesta non faceva ritorno, il pescatore andò via pensando di riprenderla il giorno dopo.
Il lazzarone di Gatto Felix si era acquattato, divorato tutto il pesce e con la pancia piena, si era addormentato nella stessa ruota, né le suore e nemmeno il pescatore, quel giorno riuscirono a smuovere la ruota sino a sera quando il gatto si svegliò dal suo lungo pisolino.
Le suore, quel giorno fecero il lungo digiuno sino a sera, andarono a letto dopo aver mangiato una semplice zuppa di latte.
Una vera birba quel gatto Felix.
Anna Sciacovelli