Non fresco di stampa, la copia del libro “Grembo di Melograno” edito dalla Casa editrice “Vallisa” anno 2011, che risalta sul mio tavolo da lavoro, la curiosità mi spinge a curiosare tra le pagine, che conservano ancora l’odore di stampa, un impegno impellente non mi consente questa distrazione, almeno per oggi.
Sarebbe facile, lasciare tutto e tuffarmi in una rilassante lettura di poesie, anche perché il titolo accattivante stuzzica la mia curiosità.
L’autore, il poeta Alessandro Lunare, nato nell’anno 1966, in questo lavoro poetico, il suo “ sensibile narrare e nelle situazioni emotive” riesce a superare l’emotività ritraendosi, nelle segrete stanze della propria anima per ripararsi dalle tempeste della vita.
Non a caso l’uomo poeta, ama scrivere nel silenzio notturno, dove i rumori dilatati nella notte si perdono, creando un’atmosfera surreale, che appropriatamente si concilia con il proprio “sentire” quando nella descrizione puntigliosa di un momento vissuto, cerca senza modificazione alcuna, di entrare in punta di piedi sia nel passato, che nel futuro dell’altrui vita.
Il suo poetare, un incidere lento di passi e di sommesse parole d’amore, che si adagiano lievi su cuscini di nuvole, dove a sera, ristagna la provvidenziale pioggia d’emozioni e lacrime.
Quando, le prime ombre calano a oscurare il giorno, sul ciglio del cielo avviene uno strano fermento, un vorticare di stelle, che a raggiera attende la luna.
Questa estrema delicatezza per gli altri, spinge il poeta, quasi a nascondere il suo bisogno stremo, di parlare con gli altri, a volte la sua poetica malinconica sensibilità, sfiora la misantropia, Alessandro Lunare, non ama l’ermetismo, ma varcando i confini della scrittura riesce a donare agli altri, una diversa serenità.
La ricerca dei suoi spazi, li ritrova nel grembo della melagrana, dove le parole s’intersecano con la membrana protettiva, che diventa barriera difensiva, dagli attacchi diretti o indiretti della vita.
Il nostro poeta Alessandro, pensa e opera, in funzione della verità, della realtà, quale ultima intesa, la ricerca del vero di sé, cioè dialogare con l’anima, essendo la stessa l’essenza di tutte le cose, ma in special modo parlando dell’infinito, che a mio modesto avviso, trascende oltre i concetti e le cose reali.
A volte, si tratta di una poesia dal registro ermetico, altre volte nitida e molto comunicativa, con una tendenza all’immagine esistenziale, instaurando così un rapporto tra spiritualità e comunicazione.
Gli elementi del poeta Alessandro Lunare, sono asciutti come fotogrammi inediti di una pellicola, che esprimono tanti lampi di flash variegati, confermando ancora una volta, una forte volontà espressiva e molta sincerità di linguaggio.
Spesso nella stanchezza, la sua mente lima una dolce canzone d’amore, che non vagherà mai nelle tenebrose foschie dell’oblio, ma cercherà spazi aperti, dove il sole scalderà i sonni inquieti degli amanti, in una città segreta dei suoi sogni, dove sull’azzurro irreale del tempo, alacremente lavora una farfalla.
Anna Sciacovelli