In questi ultimi mesi le grandi case produttrici di automobili sembrano aver intrapreso una strada “diesel-free“, cui hanno fatto seguito alcune decisioni politiche: ma il gasolio è davvero l’unico nemico dell’ambiente? E basterà dire addio a questa motorizzazione per ridurre l’inquinamento? Secondo alcuni esperti, questa è solo (l’ennesima) battaglia di politica finanziaria.
Niente diesel in centro a Roma. In ordine di tempo, l’ultima notizia arriva da Roma, dove il sindaco Virginia Raggi ha annunciato che a partire dal 2024 sarà vietato l’ingresso al centro della città di veicoli privati alimentati a diesel. Anche l’Unione Europea ha da tempo avviato la propria lotta all’inquinamento per la riduzione dell’impatto atmosferico delle emissioni, invitando i Costruttori a prendere provvedimenti.
I Costruttori abbandonano il gasolio. E le Case si sono effettivamente mosse, anche se – stando alle critiche di alcuni analisti – sulla spinta di valutazioni più imprenditoriali che ecologiche: prima è stata la Toyota ad annunciare l’abbandono della produzione di motori a diesel, poi anche il gruppo FCA e quello PSA (ovvero, i marchi Fiat e quelli francesi) si sono allineati. Eppure, a ben vedere, il nemico non è (solo) il diesel, quanto piuttosto alcuni comportamenti da migliorare anche da parte degli automobilisti.
Comportamenti sbagliati. In particolare, da più parti è stato lanciato l’invito a non “demonizzare” il gasolio tout court, ma a comprendere bene quali siano le abitudini più nocive per l’ambiente che mettiamo in atto; ad esempio, è bene sapere che sono soprattutto i diesel più vecchi (come Euro 3 ed Euro 4, per non dire dei precedenti) a risultare particolarmente inquinanti, mentre le auto equipaggiate con motori Euro 6 o con i futuri Euro 7 già oggi producono meno anidride carbonica nell’atmosfera rispetto a un motore benzina con la stessa cilindrata, grazie anche all’apporto che, come ci ricorda l’approfondimento di Infomotori, può offrire il filtro antiparticolato, uno strumento che garantisce l’abbattimento di emissioni inquinanti da polveri sottili per le auto diesel.
Intervenire sulle auto più vecchie. Anche in questo caso, però, non mancano “cattive abitudini”, come la rimozione del filtro o i mancati controlli periodici per la necessaria pulizia. Insomma, come dice in una intervista Sergio Solero, amministratore delegato di Bmw Italia (una delle compagnie che va “controcorrente”), “demonizzare in questo momento la motorizzazione diesel è un errore; guardando all’Italia, quello che dovremmo fare è togliere tutto il parco circolante vecchio che non solo inquina, ma soprattutto non è sicuro”.
Tre problemi in Italia. Gli fa eco Michele Crisci, presidente della associazione dei costruttori esteri (Unrae), che sostiene che “i problemi sono tre: il primo, avere una legislazione omogenea su tutto il territorio nazionale, perché è assurdo che Milano faccia una cosa, Piacenza e Modena altra, per cui senza una legge e una gestione omogenea si finisce con non risolvere nessun problema reale”. Un altro punto critico è l’analisi dei dati dei vari Comuni: “a Roma il blocco dei diesel Euro 6 è inutile oltre che controproducente, perché lì rappresentano il 3,8 per cento del parco circolante, mentre oltre il 40 è rappresentato da veicoli pre Euro 4, quindi bloccare questa piccola parte non serve a niente e penalizza chi ha speso e investito in una auto nuova e scoraggia chi invece da una vecchia vorrebbe cambiare”.
Mancano gli investimenti in mobilità alternativa. Ultimo nodo che presenta criticità è quello delle infrastrutture: secondo Crisci, “si parla di elettrico e ibridi plug in. Dico solo che in Olanda, che è grande quanto la Lombardia all’incirca, ci sono 30 mila colonnine di ricarica elettrica eppure queste vetture non decollano, non rappresentano che una minima parte. In Italia avremo a fine anno 11.500 colonnine, fate voi il confronto. Quindi senza investimenti non si va da nessuna parte, noi possiamo solo informare”.
Anna Capuano