Di Michele Agostinelli
Non ho parole per scrivere, anzi descrivere quelle sensazioni, che ho provato nel vedere le ultime opere di Michele Agostinelli, un dinamismo perfetto tra la materia e colori, che mettono in luce la profonda passione, inventiva e l’ingegno dell’artista, che nei suoi lavori riesce a disegnare e dipingere la propria anima.
Quadri dai sapori esotici, che con l’avventura dei colori naturali sfumati, per l’uso continuo e costante, hanno perso la luminosità del nuovo, ma non per questo la loro validità dell’arte, può essere chiamata anche arte dissacrante, quadri già visionati, quasi una smaterializzazione dell’epoca digitale.
Non si tratta del ritorno al realismo tradizionale: l’ambiguità tra il vero e il falso, tra realtà e rappresentazione, è un tratto saliente, che mescola il passato con il presente, è una raffinatezza che sfiora l’artificiosità della tela. L’artista Michele Agostinelli, sperimenta linguaggi differenti, suggeriti dalle arti etniche e popolazioni diverse da quelli già usati dall’arte povera o etnica. Oltre la tela fra i temi principali messi in evidenza oggetti e materiali di uso quotidiano dal legno, al ferro, alla plastica, gli stracci tappi di bottiglie, in rame o plastica, quasi una relazione tra opera e ambiente, quindi per l’espansione e il superamento dei confini della tela stessa.
Nel catalogo dell’artista Michele Agostinelli, possiamo leggere testi poetici di Concetta Antonelli, che nel suo volo pindarico, tesse la tela di Penelope ricercando parole, nel mormorio estivo di un’antica fonte di saggezza, riportando a noi il canto di mille sirene a ritemprare il vento freddo dell’inverno.
Il nostro artista, si propone di sviare il pubblico verso obiettivi diversi da quelli tradizionali o da quelli di partenza per farli approdare verso lidi sconosciuti e strumenti inizialmente finalizzati a compiti diversi.
I sentieri sono quelli della storia dell’arte, è il cammino dello stesso Agostinelli, che conduce lo spettatore nei meandri più emozionanti della sua opera, sempre con lo sguardo oltre le barriere dello spazio espositivo, per dare uno sguardo anche oltre il limite, il suo quasi un immenso abbraccio della terra al mare.
La sua continua ricerca di libertà in senso fisico, ma anche spirituale non ha limiti, quasi un bisogno continuo di purificazione, di apertura agli altri, spazia per ogni dove.
Con il passare degli anni, nelle sue opere sono più presenti legni, pietre stracci reticoli da lui stesso recuperati, che non hanno una valenza semplicemente strumentale, ma sono oggetto e soggetto stesso della sua ricerca.
Sono plastica, ferro, rame, legno, gli oggetti delle sue opere, che non hanno una valenza semplicemente strumentale, ma che sono il soggetto stesso della sua ricerca, forme primigenie della natura prive di sovrastrutture, veri e propri innesti, nei quali si evince ed emerge la mano dell’artista.
Bene si coniugano, le diverse sinergie, tra la poetica di Concetta Antonelli, che le opere di Michele Agostinelli il loro, è un lavoro colto, in cui ogni conoscenza è metabolizzata per creare a un insieme, perfettamente armonioso e particolare, quasi una ricerca la sua, tra il tempo di partenza, con quello di arrivo e il tempo di partenza, può essere lento, quello di arrivo è veloce e tocca il cuore.
Le tele dell’artista Michele Agostinelli nascono dal suo desiderio di rendere concrete e immortali le tracce lasciate dall’umanità: sono oggetti che sono trasformate in sculture, utilizzando materiali diversi da quelli originali e molti più resistenti all’usura del tempo come il cemento il lattice o il legno, a questi oggetti, l’artista regala nuovi volti e aspetti, un cambio di linfa, nuova funzione, su effige che sembra un arazzo, la solennità del soggetto, contrapposta alla leggerezza del materiale utilizzato.
Privato della sua identità iniziale, il monumento diventa un simulacro vuoto, che nega invece di affermare, e spinge lo spettatore a cercare nuove referenze che trascendono l’opera stessa.
Anna Sciacovelli