Il Carry trade è una metodica che consiste in attività finanziarie svolte con denaro preso in prestito. Cerchiamo di capire come funziona questo processo.
Il Carry trade è un attività d’investimento non molto nota. Consiste nell’investimento e nella gestione di capitali, svolta con denaro concesso da Paesi terzi con bassi tassi d’interesse. Di solito quando si pensa all’attività speculativa svolta dai grandi investitori, si immagina un grande fondo. All’interno del fondo (i cosiddetti Hedge fund) i capitali sono a stretto riservo dei grandi speculatori, nonchè facoltosi speculatori che depositano immense somme di denaro. Questo quadro è parzialmente sfatato da alcune dinamiche che avremo modo di esaminare insieme. Infatti questi grandi fondi spesso e volentieri operano nei mercati finanziari con capitali concessi in prestito, un qualcosa di veramente singolare che prende il nome di carry trade.
Come funziona nello specifico questo sistema?
Avendo dato una panoramica generale di questo fenomeno, cerchiamo di scendere nelle sue sfumature e nei suoi tecnicismi per averne una completa comprensione. Nell’ambito della finanza internazionale il carry trade è la pratica speculativa consistente nel prendere a prestito del denaro in paesi con tassi d’interesse più bassi. Questo cambiato in valuta di paesi con un rendimento degli investimenti maggiore in modo sia da ripagare il debito contratto sia da ottenere un guadagno con la medesima operazione finanziaria. Solitamente per mettere in atto un’operazione di carry trade , le monete adoperate sono quelle che godono di un cambio stabile nel tempo mentre l’investimento è rivolto a strumenti a basso rischio, quali titoli di Stato.
Esempi pratici avvenuti tra i vari paesi…
È possibile fare un esempio di operazioni di questo genere prendendo a riferimento la situazione economica del Giappone nei primi anni 2000. In questo caso gli investitori stranieri operavano in un mercato che presentava, in maniera pressoché stabile (1996-2007), un tasso di cambio USD/YEN di 1/120 e un tasso d’interesse dello 0,25%: il disallineamento dei tassi rispetto alla media internazionale consentiva di prendere a prestito denaro in yen ad un “prezzo” molto basso, di cambiarlo in valute straniere che erano investite in titoli di stato o altri strumenti finanziari a rischio nullo e che presentavano un rendimento del 3% o superiore. L’investitore del carry trade guadagnava, in tal modo, sul differenziale fra i tassi di interesse. Scaduto il titolo di stato, il denaro veniva infatti riconvertito dalla moneta straniera in yen per pagare il debito contratto in Giappone. Per l’investimento finanziario non è rilevante che il tasso di cambio sia a favore o meno di quella straniera, purché sia stabile nel tempo e resti sostanzialmente invariato dal momento in cui è contratto il prestito a quello in cui si viene restituito.
Non è oro tutto ciò che luccica.
Bisogna comunque dire che a volte il carry trade è stato deleterio per determinate economie, creando dei vuoti finanziari in cui i crediti non sono mai stati ripagati. Questi “tumori” della finanza sono sempre stati attori di una cattiva gestione del capitale, e da investimenti altamente rischiosi. Articolo dalla redazione di ElysiumPost testata online esperta di Economia e Finanza.