Si chiama Apryl Corbett, ha appena 5 anni e soffre di alopecia: la sua storia ha fatto rapidamente il giro del Web perché la sua maestra di scuola l’ha costretta a togliere la parrucca che indossa per mascherare i segni della patologia, suscitando l’ira della mamma.
Spiegare cosa sia l’alopecia areata è difficile, e accettare le conseguenze di questa patologia è dura per qualsiasi persona. Provate a immaginare, quindi, cosa significhi quando la vittima è una bambina di appena 4 anni: è questa la storia di Apryl Corbett, piccola bimba del Meyerside, in Inghilterra, che ormai da un anno fa i conti con il progredire della malattia che, come si legge nell’approfondimento sul portale HairClinic, prova una progressiva perdita dei capelli localizzata in zone casuali del cranio.
Un problema sociale. All’età di 5 anni, Apryl ha ormai 14 chiazze glabre sulla testa, con tutte le conseguenze che questo provoca anche dal punto di vista “sociale“: in questo periodo, infatti, non sono mancati i bulli che hanno iniziato a prendere in giro la piccola per quegli strani buchi privi di capelli, tanto che la bambina voleva abbandonare la reception class (ovvero la prima classe della scuola materna) alla Broad Oak Community Primary School di St Helens, nel Merseyside.
Superare il problema. È qui che iniziano le vicende di cronaca, raccontate dalla madre Lianne al noto tabloid inglese The Sun. Inizialmente, la signora aveva pensato di risolvere il problema acquistando un semplice cappello, che coprisse la testa e le zone calve; le insegnanti della scuola, però, non hanno consentito ad Apryl di entrare in classe con il copricapo. Meglio allora provare un altro rimedio, come la parrucca.
Un rimedio discusso. In realtà, le cose sono andate anche peggio, come denunciato dalla signora Lianne. Infatti, durante l’ora di educazione fisica gli insegnanti hanno obbligato la piccola Apryl a togliere la parrucca, in quanto violava le regole di salute e sicurezza e non rispettava il rigido codice sulle uniformi scolastiche. Secondo la teoria dell’istituto, qualche alunno si sarebbe potuto ferire se la parrucca fosse scivolata via dalla testa di Apryl.
Triste vicenda. Come raccontato dalla madre, che si è precipitata a scuola dopo la telefonata del preside, i responsabili hanno insistito sul fatto che Apryl non potesse usare la parrucca, aggiungendo fra l’altro che nella scuola ci sono dei bambini malati di cancro e che quindi hanno sempre a che fare con situazioni simili. Così ho portato mia figlia a casa e sto considerando di toglierla definitivamente dalla scuola”, dice al Sun. Altro motivo di rabbia anche il fatto che “hanno cercato di farmi credere che Apryl fosse più che felice di togliersi la parrucca, quando in realtà, tornando a casa, lei stessa mi ha detto che era molto triste, perché non voleva che le altre persone vedessero i suoi capelli”, dice la signora Corbett.
Un caso spinoso. Dopo la pubblicazione dell’articolo, che ha inevitabilmente suscitato scalpore, un portavoce della St Helens Council ha confermato la ricostruzione, specificando però che la bambina “non è stata esclusa dalla classe”. Molto duro invece il commento del gruppo Alopecia UK, che ha chiesto innanzitutto ai vertici scolastici di mostrare una maggior sensibilità: “Se un bambino affetto da alopecia sceglie di indossare una parrucca, un cappello o una sciarpa per coprire la perdita dei capelli, c’è da sperare che le scuole assecondino tale decisione e la maggior parte lo fa, perché la cosa più importante è che un bambino si senta appoggiato e sia a proprio agio”, dicono i rappresentanti dell’associazione britannica.
Mancanza di buon senso. Inoltre, anche la motivazione della sicurezza indicata dalla scuola quale ostacolo alla parrucca di Apryl non convince l’Health and Safety Executive (ovvero l’organismo di controllo per le questioni di salute e sicurezza sul posto di lavoro), che ha precisato al tabloid che “non ci sono norme che vietano ad una bambina d’indossare una parrucca a scuola” e che invece spetta alle persone coinvolte “trovare un accordo ragionevole, così che alla fine prevalga il buon senso”. Esattamente quanto non capitato in questa triste vicenda.
Alessia Baldassarre