Quel giorno, l’autobus delle dieci e trenta era super affollato, tra i passeggeri un magnifico cane occupava il posto accanto alla sua padrona, una sedia, che poteva essere occupata da una persona.
La città quasi languida, sotto un cielo dorato sembrava dipinta dal sole, nel cielo azzurro veleggiava solo qualche batuffolo di nuvola candida come la neve.
L’autobus, correva verso la meta finale, quando a un incrocio sbucò una bambina che portava a guinzaglio un cane, molto più grande di lei, l’autista iniziò a bestemmiare come un turco senza riguardo per i passeggeri, che iniziarono ad alzare la voce contro il conducente.
In tutto questo parapiglia, la figura del cane che per salvare la sua padroncina, cerca con le zampe di frenare la corsa del mezzo, i passeggeri sconvolti iniziarono a gridare contro l’autista, il quale continuando a bestemmiare contro tutti e zigzagando sulla strada, metteva a repentaglio anche la vita di tutti i passeggeri, che aveva a bordo.
In tutto quel parapiglia, il cane fu travolto dall’autobus in corsa, mentre la bimba era caduta sul selciato e piangeva perché si era fatta male alla mano dove aveva legato il guinzaglio, dovuto allo strappo causato dal cane.
Sul viso del conducente, tra il rosso per la rabbia non esplosa e il bianco per l’agitazione e la paura delle conseguenze di quell’incidente scendevano lente gocce di sudore.
Tutti i passeggeri erano scesi, anche la signora con il cane, che tratteneva forzatamente al guinzaglio, il cane riuscì a divincolarsi e avvicinarsi al cane, quasi morente, che era stato investito dall’autobus, incapace anche lui di consolare l’animale ferito.
Una sosta non preventivata, metteva a repentaglio il lavoro e il posto del disattento autista che non potendo più prendere altri passeggeri con il proprio mezzo, sarebbe stato costretto a riferire all’azienda, come si erano svolti i fatti.
Il Cane guaiva e la bimba piangeva, tutti i passeggeri erano scesi dal mezzo, non sapendo cosa fare, cercavano di confortare la bimba, mentre altri tentavano di guardare e tamponare il sangue dalle ferite del cane, due passeggeri si avvicinarono all’animale ferito, ma il cane non si faceva toccare continuando a guaire, senza mai distogliere gli occhi dalla bimba, che continuava a piangere.
Giaceva a terra e si leccava le ferite, là dove il sangue continuava a uscire, fece la mossa di alzarsi ma non riuscì a stare sulle gambe e ricadde giù, come peso morto.
La bimba, pensando fosse morto, iniziò a gridare, allora il cane trascinandosi piano si accoccolò al suo fianco e si lasciò andare in silenzio, senz’altro guaire.
Che brutto ricordo di quel Bus delle dieci e trenta.
Anna Sciacovelli