Aristocratica tedesca, Editha Walterowna von Zur-Muehlen nasce a Smilene, nel 1886 in Lettonia, provincia dell’ampio Impero zarista.
Padre tedesco e da madre francese, a diciotto anni si schiera con il movimento rivoluzionario, presta servizio come crocerossina a Riga. L’autoritario padre la allontana a Koenigsberg, all’Accademia di Belle Arti. Dopo gli studi Editha, partirà per Parigi, per il Louvre, approderà poi in Italia, all’inizio dell’anno 1912.
Da ragazza agiata vive in albergo, a Roma, in via Flaminia affitta uno studio vicino a quello di Sartorio, s’inserisce nell’intellighenzia internazionale della capitale, dalla traduttrice Olga Resnevic Signorelli a Ottorino Respighi.
Tra gli artisti che frequenta, Ferrazzi, Melli e lo scultore Jugoslavo Ivan Mestrovic che sta organizzando la prima “Secessione Romana” (1913) nella quale Editha esporrà, come nelle successive. Gli elogi non mancano della sua pittura luminosissima, quasi astratta, ispirata. La dipartita del padre, lo scoppio della prima guerra mondiale e della Rivoluzione di Ottobre, fuori dalla sua terra natia, si sente come una bimba smarrita.
Confesserà più tardi a un amico” Con la guerra ero proprio crollata, ero ammalata, sfrattata, avevo perso tutti i miei quadri”. Sul set del film Thais, incontra Mario Broglio, con il quale si confida, in quel film recitava la parte di una ladra, per Anton Giulio Bragaglia.
Con Broglio nella vita e nell’arte, Editha conosce una vera metamorfosi identitaria: dimentica i suoi dipinti avanguardisti, aiuta alla creazione della rivista Valori Plastici nel 1918 con un ruolo redazionale discreto ma essenziale (unica donna e la meno provinciale del gruppo per le lingue e i contatti internazionali, in piena guerra); tanto che nel 1921 recensirà un saggio di Umansky edito a Podsdam, il destino dell’arte nella Russia sovietica, che rompeva il silenzio sulla cultura bolscevica. Per il resto, ascolta e aspetta. Quando riprende la pratica dell’arte, ha fatto suo il nuovo stile teorizzato da Carrà, De Chirico e lo stesso Broglio. Così nasce il suo “realismo magico” che lei porterà avanti con momenti divini e altri più modesti.
Per un certo periodo si firmò Rocco Canea, per cercare di minimizzare la sua professionalità ed esperienza, rispetto al marito. Forse alcuni quadri firmati Broglio sono stati dipinti in gran parte da lei (così rivela un carteggio inedito in cui Mario in viaggio “dipinge” a distanza). Dopo la morte del marito nel 1948, si ritira a San Michele Moriano in provincia di Lucca, per tre lunghi decenni, Editha Broglio ha dipinto ancora, riscoprendo alcune valenze artistiche romane, più vicine alla Russia, come la pratica del Mosaico. Muore a Roma il 19 gennaio dell’anno 1977.
Anna Sciacovelli