La donna di servizio un giorno della seconda settimana di ottobre, arrivò a casa dei nonni quasi un’ora prima del solito orario, deponendo sul davanzale della finestra del salotto, un piccolo involto. Le stanze per il tepore della notte erano ancora tiepide e creavano un’atmosfera di serena intimità, quel giorno dovevano arrivare dei parenti dal lontano Egitto. Mio padre si era recato al porto per accoglierli e accompagnarli come ospiti a casa, poi la coppia si sarebbe trasferita presso l’albergo prenotato dal nonno, mentre il mio genitore sarebbe andato al lavoro come sempre. Nicola Sinigaglia e Colella Angela, si erano sposati da pochi giorni e stavano facendo il loro viaggio di nozze, prima tappa a Bari, poi Trani e in seguito avrebbero proseguito il loro viaggio verso Ancona, poi avrebbero ripreso il viaggio per la città di Senigallia, dove aveva dimorato per un certo periodo lo sposo Nicola Sinigaglia. Nonno Francesco, aveva scelto un albergo in centro e prenotato per la loro permanenza, il migliore di Bari, il Grande Hotel Corona, in Via Sparano al N.5, adesso non più adibito ad albergo, si era nel 1939. Vicino alla nostra casa nella corte del fornaio l’aria profumava di vitigni e grappoli appena tagliati, l’uva faceva capolino dai tini stracolmi e pronti per la spremitura, nello slargo della strada, bimbi mattutini giocavano, altri sostavano in attesa di andare all’asilo tra questi anche i miei fratelli. Lo scampanellare di una bicicletta, distolse dal gioco il piccolo gruppo, tutti si avvicinarono al carroccio con estrema curiosità, che si leggeva sui volti di tutti i bimbi. Un signore, vestito con l’abito da pagliaccio, donava dei biglietti gratis per il Circo, l’imbonitore chiamava a raccolta bambine curiose e giovani mamme, con l’attrazione della visita al Circo, decantando la presenza di animali sconosciuti ai più, iniziando dalla piccola scimmia che rubava i cappelli, per arrivare poi al pachiderma grande e pericoloso. Anche i miei fratelli ebbero dei biglietti, per lo spettacolo sotto il grandissimo tendone rosso del Circo. La mezza giornata trascorse con serenità, Maria la domestica aveva dimenticato il pacchetto sulla finestra e si era allontanata da casa mia, sarebbe tornata nel pomeriggio per terminare di stirare il bucato, appena ritirato dal terrazzo, dopo aver stirato, cercò inutilmente il gattino era sparito lasciando il panno in cui era raccolto sulla balaustra della finestra. Lei per la fretta di tornare a casa non perse tempo a cercarlo. Nel frattempo il nonno aveva accompagnato gli sposi all’albergo per il riposo pomeridiano. Avrebbe poi proseguito il tragitto, per recarsi alla Stazione Centrale, dove lavorava, per chiedere due giorni di congedo ordinario, e poter accompagnare gli ospiti in giro per la città di Bari. Volevano visitare: La Basilica di San Nicola dell’(XI-XII sec.), la sedia episcopale il sepolcro di Bona Sforza, la Cattedrale dedicata a San Sabino del (1170-78), distrutta da (Guglielmo il Malo nel 1156), il Castello Svevo del (1233-40) casa di Bona Sforza, San Gregorio dell‘ XI secolo, e il Museo Storico, che raccoglieva i cimeli della Prima Guerra Mondiale. Infine volevano fare una passeggiata per ammirare il tanto decantato Lungomare, che era, ed è ancor oggi, una vera meraviglia. Gli ospiti stanchi ma felici, decisero di ritirarsi in albergo. Entrambi avrebbero continuato il giro della città il giorno dopo. Gli ospiti, arrivarono a casa nostra, percorrendo solo un rettilineo, la giornata serena e luminosa, invitata la gente, ad una lenta passeggiata, anche gli sposi serenamente fecero quel breve tragitto, arrivati a casa, il primo a dare loro il benvenuto fu il gattino di Maria, due occhi verdi un corpo dalla pelliccia striata, tra bianco puro e grigio due lunghi vibrissi e un musetto tanto nero, che pareva blu da lontano, era uno scricciolo curioso e furbetto, uno sguardo di pura sfida, che invitava al sorriso. Angela lo prese in braccio coccolandolo e seduta stante, dette un nome al gatto, lo chiamò Nadir, Nicola, il marito di Angela, prese la macchina fotografica e iniziò a scattare fotografie sia alla moglie, sia a Nadir il quale, si metteva in posa, quasi avesse capito, che le fotografie erano esclusivamente per lui, si leccava i vibrissi, socchiudeva gli occhi, sbadigliava per noia, venne fuori un buc fotografico, solo per quel gattino dimenticato, da far invidia ad un’affermata star del cinema. Tra le foto di mio cugino Erminio a Roma, ho avuto modo tempo addietro di rivedere alcune delle foto scattate ad Angela sua madre, che aveva fra le braccia il piccolo micio Nadir.
Anna Sciacovelli