Lo scaldino non bastava a riscaldare le tante mani di tutti noi, dovevamo riscaldarci facendo la turnazione, per avere tra le mani il piccolo scaldino, a volte si litigava per tenerlo per un massimo di cinque minuti. La nonna cercava di accontentare un po’ tutti e con la sua voce suadente cercava di rappacificare i nostri continui battibecchi, il freddo non ci dava la giusta calma di ragionare. Si era una ciurma di cinque bambini in tenera età, genitori, nonni e una bisnonna molto anziana, che rasentava circa i suoi 100 anni. La donna di servizio Nennella, aveva con noi molta pazienza e ci accontentava in tutto e per tutto, si faceva in quattro per soddisfare i nostri continui bisogni e capricci di bimbi, amati e viziati da tutti. Si era a fine novembre del 1943 i raid degli aerei tedeschi, non ci davano requie, con il porto a due passi e l’aeroporto di Palese a pochi chilometri dalla città, ci toglievano il respiro, bombardamenti aerei non lasciavano in pace le città di Foggia e di Bari meno in vista erano Taranto e Brindisi, anche se a Taranto il porto, anzi l’intera città, era militarizzata.
Il Sindaco del Comune della città di Bari, con giusto timore timidamente aveva dato l’assenso di illuminare la piazza della Stazione e la lunga strada, di Via Sparano, che dalla ferrovia portava e porta ancora oggi, al cuore della vecchia città, toccando Piazza della Prefettura, dando ai cittadini, la sensazione, che la guerra era molto lontana dalla nostra città. In Tutte le case fervevano i preparativi per realizzare il presepe, si cercava la carta stellata, che non si riusciva a trovare, mio nonno dalla ferrovia, aveva avuto il permesso di portare un piccolo barattolo di biacca rossa, un anti- ossidante, che serviva contro la ruggine, per i vagoni viaggianti era poca cosa ma doveva bastare. Zio Vito, aveva acquistato quattro fogli di carta da pacchi di colore grigio azzurra, con le stelline rosse avrebbe creato il fondale per il presepe, poi avrebbe ideato la struttura per costruire la famosa grotta di Betlemme, con un po’ di sughero e quattro assi di legno ben incrociate la capanna dove mettere il Bambinello era pronta. Noi tutti facevamo cerchio intorno al grande tavolo di legno di castagno, dove giacevano tutte le statuine da sistemare, a qualche cavallo mancava la gualdrappa, o i finimenti l’altro zoppicava, alla lavandaia mancava il mastello, dove riporre la roba da lavare, alcune statue erano da cambiare totalmente.
Nonno Ciccio, era intento a sostituire gambe, code, o criniere ai cavalli dei Re Magi, mentre mio fratello più grande, cercava di riparare la grande stella cometa da fissare sulla grotta, della natività già pronta. La nonna, aveva tagliato il nuovo mantello alla Madonna, si apprestava a cucirlo, mentre da poco aveva finito di cucire a macchina, il camice bianco all’angelo, da porre sul tetto della grotta. In casa c’era un fermento inenarrabile cotone che rotolava sotto i piedi, colla che si spandeva per ogni dove, polvere dorata che si mescolava con la biacca bianca e al rosso carminio del famoso antiruggine, che colava sui volti degli angeli in attesa di essere sistemati sulla grotta, era un macello tra statue, nastrini e merletti, si era creato un vero caos. Anche mio fratello, il più piccolo Giuseppe, voleva dare una mano e contribuire a terminare il presepe, aveva preso tra le mani il famoso “guardastelle”, una statuina di gesso, un po’ più grande delle altre, quando all’improvviso suonò l’allarme, l’obbligo per tutti era di correre nei rifugi al riparo, nel parapiglia la statua cadde andando in frantumi, tra le lacrime del piccolo e la frenesia di arrivare al rifugio fummo costretti a scendere le scale e recarci nel rifugio, situato nello stesso stabile della casa, ancora oggi esistente. Un aereo in ricognizione aveva scatenato l’inferno. Dopo circa due ore, suonò la sirena del rientrato allarme, tutto era rientrato e si poteva terminare il lavoro iniziato, quando tutti andammo a letto il presepe era terminato con tutti i personaggi rimessi a nuovo e sistemati al loro giusto posto, con grande sollievo di tutti i presenti in casa. Nessuno di noi aveva pensato di chiudere la porta e di allontanare il gatto dalla stanza, la casa era avvolta nel totale silenzio e il sonno aveva fatto crollare tutti i più piccoli, quando un tonfo di cocci e rumori diversi ci svegliarono di colpo. Un siamese albino dal pelo lungo vagava per casa, aveva trovato spazio nel presepe e cercava un posto comodo, dove come un ghiro, doveva e voleva dormire. La donna di servizio, Nennella, aveva tentato di mandarlo via, ma lui imperterrito tornava sul tavolo dove imperava il presepe già terminato, si arrotolava su se stesso e ronfava come non mai.
Il nonno soddisfatto dal risultato del presepe, volle restare a guardare e analizzare qualche dimenticanza,tutto andava bene ora doveva solo rilassarsi e andare a riposare. Tutti dormivano, il silenzio totale lo invitava a distendersi sul lettone e prendere sonno, il giorno dopo doveva andare a Gioia del Colle, per ripristinare una vettura nella quale la ruggine si era affacciata creando una macchia poco felice al soffitto. Si tolse gli occhiali e sbadigliando si svestì infilandosi nel soffice lettone, per il giusto riposo.
Pensava di riposare a dovere, verso le quattro del mattino, il suo udito acuto aveva avvertito il rumore di un ricognitore aereo, si alzò di colpo vestendosi con gli abiti da lavoro, mise il cappello e la sciarpa la sua vista acuta sbirciò nel cielo terso l’aereo, che volteggiava in cerca di un punto fermo da dove puntare per la discesa che non ci fu, uno scoppiettio di mitraglia a bassa quota e fumo a volontà forse era stato colpito e nel suo andare lasciava dietro di sé traccia di fumo nero. Uno sguardo al presepe terminato, un breve saluto alla nonna e via al suo lavoro una corsa verso il treno che lo doveva portare in trasferta, sarebbe tornato la sera a lavoro finito. Quella sera il nonno Ciccio, tornò molto tardi sulle spalle aveva un sacco di tordi neri, cacciati dai suoi amici, nella tenuta dell’area aperta, dove sostavano gli aerei leggeri da ricognizione dell’A.M. di Gioia del Colle.
Quell’anno Festeggiammo un Natale Diverso
Anna Sciacovelli