Nel paese di Levico si vociferava, che per la festa del Santo Patrono, ci sarebbe stata una mostra, tutti si chiedevano di che natura sarebbe stata la mostra, dedicata a chi o a che cosa. Quasi nessuno sapeva di cosa si trattava. Una mostra di quadri, di sculture, di cappelli, di cappe, di scarpe, di ombrelli, che con l’avvicinarsi dell’inverno, si poteva mettere anche al primo posto. Molti paesani, si erano recati al Comune a chiedere delucidazione in merito, senza avere nessun esito positivo. Nelle case e nelle botteghe, tutti si chiedevano che tipo di mostra ci sarebbe stato, dal momento che nulla era ancora stato detto o annunciato, nessuna notizia era trapelata, al di fuori della giunta Comunale. Sembrava il segreto di Pulcinella tutti sanno ma in realtà nessuno ne è a conoscenza. Alcuni si erano rivolti anche al Messo del Comune, nella speranza di qualche anticipazione di notizie, nulla trapelava da chicchessia, sulla mostra annunciata ma non spiegata.
Nelle case, tutte le donne tiravano fuori dagli armadi o dalle casse da corredo, le antiche stoffe damascate, per realizzare vestiti eccentrici per l’inaugurazione di questa mostra annunciata, ma non ancora ratificata, era un continuo fermento, un brulichio d’idee da sottoporre alle sarte per l’abito adatto alla cerimonia. Altre donne avevano pensato di farlo arrivare dalla nuova sartoria aperta da poco tempo in una città poco distante dalla loro, l’importante era avere un abito nuovo da indossare quel giorno.
Dall’annuncio, erano già trascorsi quindici giorni, si aspettava solo, che il Comune facesse affiggere le locandine o i manifesti, per dare inizio alla suindicata mostra. La cittadinanza era pronta a scendere in Piazza. Quando, dal portone d’ingresso del Comune, si vide uscire il camioncino con l’uomo delle affissioni, pennelli, colla, scale e scanni, pronti per comunicare e far conoscere all’intera città, la mostra alla quale si poteva e doveva partecipare. Era, una mostra di cani di certo non randagi, finalmente veniva fuori la notizia della mostra e a chi era dedicata. Tutti i proprietari di cani, si dettero da fare a lavare e fare, toletta a tutti i cani, che vivevano in famiglia, lavarli, spazzolarli, profumarli, per vincere il premio di 300 lire e la targhetta d’argento da collare da mettere intorno al collo del vincitore. Alcuni possessori di cani, avevano acquistato anche una nuova museruola e un diverso guinzaglio, per meglio fornire al cane un elemento nuovissimo ed elegante per la sfilata finale.
Paolo un ragazzo della zona, che viveva solo con la madre, aveva perso il padre alla tenera età di tre anni. Due giorni prima, aveva trovato dietro la porta di casa, un cane dal pelo arruffato, sporco di sterco e di sangue, lo accolse in casa era affamato e stanco tanto che dopo aver mangiato del pane cotto con il brodo e patate, si addormentò, dormendo come un ghiro, ininterrottamente per circa cinque ore. Quando si sveglio, si stiracchiò elegantemente, sbadigliò per fame e mogio, iniziò ad annusare il luogo della sua permanenza, si mise anche lentamente a camminare per casa, si avvicinò alla porta quasi a voler dire, “aprite la porta”. Poi la madre di Paolo, lo lavò e pettinò, il pelo da giallo e arruffato divenne bianco come la neve, e lo chiamò Blake, lo asciugò con i panni caldi, passati sotto il ferro da stiro, realizzando un cane superbo, per fattura e bellezza. Allora senza dire nulla al figlio, andò a iscrivere Paolo alla mostra, sicuramente il loro cane, tra i tanti non sarebbe sfigurato, anzi avrebbe fatto bella figura. Il giorno della mostra, fece indossare al proprio figlio un completo bianco, ricavato da una vecchia divisa della marina militate del marito, per guinzaglio aveva usato un cordone dorato, con tenuta di sicurezza per evitare, che il cane spaventato potesse scappare dalle mani del figlio e dette a Paolo le ultime istruzioni per mantenere a freno quel benedetto animale.
Alla mostra canina il cane dette il meglio di sé, vinse il Primo premio per pulizia e bellezza, anche se era evidente lo sforzo che faceva per camminare, Paolo felice l’abbracciò sorridendo, era diventato il suo cane personale.
Anna Sciacovelli