Dalla solare Otranto, mi dirigo per curiosità, verso una diversa meta, che attira la mia curiosità e attenzione, ammirare il campanile di un minuscolo paese Soleto, piccolo ma pregno di antica storia. Una curiosa passeggiata, in quel paese, in provincia di Lecce, uno dei centri dove nel 1350, Raimondello del Balzo Orsini, sua moglie Maria d’Enghien, e il loro figlio Giovanni Antonio, hanno dimorato dal 1385 al 1463. Sin dal Quattrocento, gli ebrei erano chiusi nel Ghetto di Rua Catalana, la loro ricchezza derivava dalle attività della concia, della lavorazione delle pelli, della filatura e tintoria della seta. Lavori, molto inquinanti e dannosi per la salute, svolti dai “diversi” di quel tempo, ebrei, albanesi e levantini.
Sotto la Signoria del Balzo, grazie alla concessione di molti privilegi, e in special modo, quello riguardante il prestito di denaro, la comunità Ebraica, riuscì a rafforzare il proprio ruolo all’interno della società, di Soleto.
La salute di Maria d’Enghien era affidata al medico di corte, l’ebreo Mastro Giacomo, del quale si fidava ciecamente, tanto lei che, suo figlio Giovanni Antonio del Balzo Orsini, spesso curato dal medico ebreo Abramo Balmes, Judio de Leze (giudeo di Lecce), la cui, abilità e perizia era ben nota a tutti, poi, Balmes, divenne medico di fiducia, del Re di Napoli Ferdinando D’Aragona.
Alcuni ebrei, quali Sabatino Russo e Mosè de Meli, si dicono leccesi, è risaputo che scrivessero le loro lettere in “Volgare” (in italiano), mal sopportata dal Papa, Pio II (Enea Piccolomini), che considerava il riottoso principe del Balzo, come eretico, poiché incoraggiava la perfidia ebraica. Alla morte di Raimondello, Maria d’Enghien, sposa il Re Ladislao di Durazzo.
Nel 1411, iniziò l’intolleranza verso gli ebrei, tutto questo avvenne dopo una rissa tra marinai ed ebrei, furono messi a soqquadro, a sacco e fuoco le case di questi ultimi.
Anche negli antichi affreschi, dedicati alla vita terrena di Santo Stefano, sono evidenziati, chiaramente i segni dell’antigiudaismo più feroce, sia nella chiesa di Santo Stefano, che nella scena della vita del santo stesso, nella quale, alcuni ebrei portano sul petto l’infamante segno della rotella rossa, alcuni danno calci al protomartire, altri gli tirano i capelli, poi lo bastonano a sangue, il pittore li rappresentò così, come li vedeva agire ogni giorno a Soleto, con la rotella rossa, prototipo del quattrocento quale segno infamante, come la stella di Davide, degli internati ebrei nei campi di concentramento.
Negli Statuti e capitoli del 1420 della contea Leccese, ma anche in quella di Soleto, ”Li, Judei Masculi et femine, degiano essere riconosciuti dai cristiani, per alguni segni et vestimenti, ” che ogni judeo mascolo o femina de sei anni in suso.
“Li masculi, debiano portare un segno russo rotundo, sul pecto, sopra la menna (il seno), et le femine, un segno russo rotundo, socta lo petto, et davanti sopra tucti altri panni.”
“Chi contravveniva all’ordine di non portare il segno russo, doveva pagare un’oncia, et chi l’accusarà (l’ebreo) ne haverà tarì uno. Avrà in premio un Tarì. ” Nel 1491 dopo il periodo della famiglia del Balzo, oltre gli ebrei, anche gli albanesi sono obbligati a portare il loro segno del “diverso” difatti dovevano portare anche loro, la rotella rossa.
Nel 1495, furono cassati (cassi irriti et de nullo valore) gli istrumenti de usurai facti in favore de Judei, venne meno la fiorente attività feneratizia su cui si fondava la ricchezza ebraica. Considerata usuraia e simoniaca, non solo dal clero greco, ma anche da quello latino. Tutto questo comportava razzismo, vessazioni, emarginazione, privazione e mortificazione della personale identità.
Il re aragonese Ferdinando, molto pragmatico e senza ideali, nel 1464, subito la morte di Giovanni Antonio del Balzo Orsini, ordinò ai suoi ufficiali di far ritornare a Lecce tutti gli ebrei che si erano allontanati dalla città, confermando loro tutte le antiche francigie.
Anna Sciacovelli