Otto del mattino. Agenzia delle Entrate, Bari.
Siamo in coda all’esterno, tutti stretti nei nostri giacconi, non tanto perchè faccia freddo, quanto perchè ci sentiamo tutti derelitti a star qui, presso l’antro della strega, tirati giù da tutti i piccoli confort del mattino, con la nostra bella pratica stretta stretta sotto il braccio, in attesa dell’apertura, della corsa al numero, dell’informazione e del timbro preziosi che ci permettano di chiudere questa incursione nella burocrazia, almeno fino alla prossima volta. Qualcuno rilegge I documenti, sbuffa. Altri guardano nervosamente l’orologio, ogni tanto si scambiano due parole, informazioni dagli habituè, consigli e poi l’inevitabile “ Chi è l’ultimo?” dall’ultimo arrivato. Appunto.
Finalmente le porte si aprono, corriamo dentro che neanche il buon Mennea, ricevo il mio bigliettino numerato e l’indicazione preziosa dello sportello prepostovi. E mi metto lì, in attesa del fantomatico DO DI CI scandito dall’altoparlante, accanto allo scivolo dei disabili che mi offre un po’ d’appoggio, quando…eccolo lì, sotto il bancone degli sportelli, un gatto rosso, con tanto di cuccia morbida, le ciotoline di acqua e cibo, un’aria soddisfatta mentre si dedica con cura alle pulizie personali, rilassato e perfettamente a suo agio.
E tutti improvvisamente ritroviamo sorriso e parole, ammicchiamo, parlottiamo, ci stupiamo insieme, facciamo ipotesi, chiediamo ma come, ma di chi, ma che bello, in una rinata dimensione umana dentro questo freddo edificio kafkiano. Un semplice gattino rosso.
Forse anche qui hanno un cuore?
O, forse, all’Agenzia delle Entrate, hanno scoperto la pet therapy?
Concetta Antonelli