Nella grande sala del Palazzo Barone Ferrara, dove in questo periodo ha sede Spazio Apulia, Corso Vittorio Emanuele n.112 Bari e possibile visionare la mostra di Bartolina Li Volsi, dal giorno undici, al 22 gennaio 2016.
Tante sono le domande, che vorresti rivolgere all’artista Bartolina La Volsi, ma tutto si ferma in gola e la bocca non pronuncia favella, solo quando volgi lo sguardo alle sue tele, puoi notare volti, che parlano silenziosamente al tuo cuore.
Volti sereni, diffusi tra le pieghe di ampi spazi, che si compongono e scompongono in una danza ritmica di conoscenze e distrazione eteree, ma fermamente presenti nella fusione delle figure, che appaiono nella loro più vera caratteristica romantica.
La nota artista Bartolina Lì Volsi, sprovvista di qualsiasi mitica ambizione, riesce a farci visionare e notare, nella sua formidabile ed eccezionale bizzarria pittorica, che anche un essere incorporeo è sempre onnipresente nei suoi lavori.
Quasi l’annuncio di estrema felicità, che sembra costituire una regola di vita quotidiana, dalle sue opere emerge la rappresentazione di un nuovo classicismo, che non si sposa con la realtà, ma che appartiene molto all’immaginario, quanto alla sua velata esistenza.
Nel dominio dell’irrazionalità del sogno, la nostra Artista inserisce un frammento di volto o un paio di ali, che volteggiano con serenità, nel suo più intimo e sconosciuto universo.
Spesso l’artista, condivide l’irrealtà del sogno con la pittura, che sconfina, in un inenarrabile e misterioso universo, dove il mistero resta non visibile, ma nello stesso tempo, il suo estro poetico segue una scia e traccia sulla tela, un angelo visibile, attinente alla realtà della vita.
Una lirica di gratitudine la sua, dove si avverte l’alito dell’onnipotenza e della gratitudine, una preghiera indiretta ma di sconfinata fiducia.
Dopo la mia prolusione, ha preso la parola la critica d’arte Renata Torrone, che ha parlato del segno grafico dell’artista e dei colori invariati nel tempo, Che da sempre lascia un segno indelebile nel mondo pittorico.
Un’arpa elettronica, suonata con dovizia e con particolare manualità, è stata pizzicata dal giovane arpista sloveno, Jacub Rizman, che abilmente ha suonato diversi pezzi inediti di Musica Celtica, alcuni pezzi di David Bowie, ora famoso Duca Bianco, altri di George Gershwin, e infine dei pezzi cantati da Edith Piaf, suscitando stupore nei presenti.
Una presentazione della mostra in maniera diversa dal solito.
Anna Sciacovelli