Una demarcazione precisa: Oltre il Po abitano i “Mangia maccaruni.”
Tra le risaie di Vercelli, che segna la demarcazione tra le risaie e le pianure tenute a Grano, un’orgogliosa diversità che sino a poco tempo addietro distingueva il meridione dal settentrione.
Per noi meridionali è un piatto quotidiano cibarsi con la pasta e non può essere considerato il piatto della festa.
La sua forma, un miscuglio di farina, acqua, sale e forse a volte qualche uovo, l’impasto dopo essere stato tirato, è da consumarsi fresco. Nel mondo mediterraneo e in Cina dall’antichità o da età ancora precedenti, la parola “greca” “laganon”, che designano appunto la pasta tirata a larghe sfoglie. Esclusivamente da cuocersi nel brodo, compare nei trattati di gastronomia ellenica dell’Italia meridionale e della Sicilia, solo più tardi sarà menzionata nei testi romani dedicati alla cucina.
Nella forma d’impasto secco di semola di grano che sciorinato ed essiccato al sole a volte appeso come la biancheria ed ecco la curvatura stretta degli spaghetti interi insieme grazie all’eccellenza delle terre di mare e di sole nella produzione di vermicelli bucatini e quant’altro- la pasta è documentata in trattati di geografi vissuti in Siria sin dal XII secolo.
Il termine usato per definire l’impasto lavorato in lunghe strisce è itriya, parola che ci permette di risalire a tempi anteriori e di raggiungere altre regioni dove gli arabi per fornirsi di scorte alimentari sufficienti a sostenere lo sforzo e la fatica dei lunghi spostamenti nel deserto, avrebbero inventato la tecnica dell’essicazione per esportarla poi in Sicilia, nel mondo mediterraneo occidentale.
Dalla Siria e dalla penisola arabica alla Sicilia e dall’Italia meridionale e in seguito alla Liguria:, infatti, la pasta essiccata veniva nel XII secolo trasportata con le navi e venduta in Calabria e in altri paesi mussulmani e cristiani.
La Liguria e l’alta toscana diventano così gli avanposti per la diffusione della pasta al nord e siamo ancora al XII e nel XV secolo, il consumo di pasta è documentato la Puglia e in Provenza solo verso la fine del Quattrocento pare che la pasta raggiunge Napoli, il luogo della svolta.
A Napoli la pasta era usata solo in caso di necessità, per ammalati gravi e per esili bambini, che non prendevano il latte.
Nel XVIII secolo la pasta si è affermata come piatto quotidiano e familiare, in quasi tutta l’Italia, grazie anche al grano duro, proveniente dalla Crimea denominato il Taganrog coltivato nelle zone del Mar Nero, ancor oggi molto apprezzato e tollerato da tutti.
Anna Sciacovelli