Secondo i dati resi noti oggi dall’Istat, l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a marzo 2025 sale del 4% rispetto a marzo 2024.
“Il rialzo del 4% degli stipendi, apparentemente superiore all’inflazione registrata nello stesso periodo di riferimento, è solo un’illusione ottica, dato vi è sempre un ritardo di mesi tra l’adeguamento delle retribuzioni e l’andamento dell’indice dei prezzi al consumo. Purtroppo, se prendiamo un periodo di riferimento temporale più ampio, siamo ben lungi dall’aver recuperato quando perso con l’inflazione record del 2022 e del 2023” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
“Non per niente la stessa Istat denuncia che le retribuzioni contrattuali reali di marzo 2025 sono ancora inferiori di circa l’otto per cento rispetto a quelle di gennaio 2021, un gap a dir poco vergognoso che attesta l’urgenza di una legge che preveda, in caso di mancato rinnovo dei contratti oltre i due anni, il ripristino automatico della scala mobile all’inflazione programmata dal Governo, magari solo per chi ha un reddito inferiore a 35 mila euro, così da evitare il rischio di una spirale salari – inflazione” conclude Dona.