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Home You Donna Cultura e Spettacolo

Il Calderaro “Caldàrare”

Redazione You Donna Da Redazione You Donna
10 Dicembre 2017
In Cultura e Spettacolo, You Donna
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Un volto nuovo della Bari di una volta. Sino a poco tempo fa, nello slargo dell’antica Chiesa di Santa Teresa dei Maschi, nella Città vecchia di Bari, Si udivano rumori assordanti, prodotti dall’ultimo calderaio, che battendo con i martelli di legno e di ferro, piegavano il rame per iniziare il lavoro di costruzione, oppure rifinivano i grandi recipienti di rame.
Numerosi artigiani del ferro, nel pomeriggio si avvicinavano alla bottega per parlare di lavoro che in quel periodo stava scemando, del costo del ferro che saliva sempre più, riandavano indietro nel tempo palavano di pentole, bracieri, passatoi, imbuti, setacci, scaldaletti e contenitori dell’olio.
“I monaci” Gli scaldaletti, chiamati “monaci,” erano a carbone, in previsione dell’inverno, tenevano banco al grande discorso, l’alzata a serpentina, dava più sicurezza al letto, senza arrecare bruciature alle lenzuola, mentre il “monaco” apri chiudi, non dava più la massima sicurezza, di una volta, anzi spesso dai fori più grandi, uscivano delle piccole scintille, che bucavano lenzuola, federe e coperte.
Gli utensili costruiti e inventati dai calderai servivano alle varie categorie di clienti, muratori, vinai, e tanti altri artigiani. I bravi calderai utilizzavano il ferro, il rame, lamiere zincate e lo stagno, il rame era materia di base, il resto serviva per tutti gli altri accessori.
I materiali erano importati, le larghe lamiere scaricate dai camion, ostruivano la strada, quindi erano tagliate e ammassate presso la bottega, per tagliarle servivano delle grandi cesoie, che erano adoperate da due operai detti tagliatori di rame, gli operai, misuravano il taglio, secondo le dimensioni dell’utensile da costruire, per evitarne lo spreco.
D’inverno, il lavoro, era eseguito nelle botteghe, mentre durante il periodo estivo, il tutto si svolgeva nello slargo all’aperto, in quel periodo, il rumore dei colpi battuti sul rame, saliva nelle case, dove tutte le finestre erano lasciate aperte, per far circolare l’aria nelle stanze.
Un mestiere molto difficile, che era trasmesso di padre in figlio. Chi comandava era un Capomastro, il quale organizzava e seguiva tutto il lavoro, il vice capomastro, spesso lo sostituiva essendo operaio di fiducia, quando la necessità lo richiedeva.
Molti i giovani apprendisti, che si avvicinavano per le prime volte al rame, apprendevano volentieri il mestiere, perché c’era un ottimo guadagno, loro intervenivano nelle diverse fasi di realizzazione degli oggetti, ogni lavorante aveva dei compiti specifici, tutti avevano rispetto per il capo mastro, chiamandolo “Vossignoria” per i più piccoli era più un vice padre, che burbero padrone.
Da qualche tempo, la produzione industriale e la sostituzione del rame con altro materiale, ha quasi cancellato anche quest’antico mestiere, amputato le braccia ai braccianti del rame. Ancor oggi, In alcune case si possono ammirare i grandi bracieri, ripieni di piante esotiche, con strani fiori di un colore rosso vivo, che sembrano cuori di fuoco, oppure troviamo delle grandi brocche per l’acqua, usate come porta ombrelli fuori dall’uscio di casa.

 

Anna Sciacovelli

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