Nella sola città di Asti ci sono 14 mila piccioni per chilometri quadrato. E nella provincia non va meglio, dato che ce ne sono 10 mila a Castelnuovo Don Bosco, quasi 3 mila a Isola d’Asti e 1.900 a Nizza Monferrato. Sono poi 1.844 piccioni per chilometro quadrato a Bubbio e 1.500 a Monastero Bormida. Numeri da record, che costituiscono però anche un (considerevole) problema di igiene. Tanto che la provincia di Asti ha deciso di ricorrere alle maniere ‘dure’. E ha messo a punto un piano di contenimento molto severo. Che prevede l’utilizzo di gabbie di cattura nei punti strategici (dove c’è una maggiore concentrazione di piccioni) e anche di ‘arruolare’ gente per sparare ai piccioni. O, meglio, di permettere a chi vuole di sparargli. Ovvero: l’autorizzazione ad abbattere i piccioni (fuori dai centri abitati) non sarà solo in capo agli agenti di vigilanza faunistica ma anche a chiunque abbia il porto d’armi con patentino autorizzativo al contenimento della fauna selvatica. A patto che abbia frequentato un apposito corso che sarà tenuto dalla Provincia.
LE POLEMICHE
Il piano di contenimento previsto per la cittadini piemontese ha suscitato molte proteste da parte degli ambientalisti, in particolare quelli dell’associazione SEqus (Sostenibilità Equità Solidarietà). “I problemi di una città inquinata come Asti sono ben altri e non certo il guano degli uccelli”, è stata la loro presa di posizione. E se la sono presa direttamente con il Pd, la cui capogruppo in Consiglio comunale Maria Ferlisi aveva chiesto misure di contenimento. E ribattendo agli animalisti: “È un problema concreto di igiene pubblica, la presa di posizione di SEqus è puramente ideologica”. I rischi sanitari sono legati soprattutto alla presenza del guano, la cacca dei piccioni.
Fonte Agenzia Dire






