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Home You Donna Cultura e Spettacolo

Analisi di un Poema

Redazione You Donna Da Redazione You Donna
14 Febbraio 2019
In Cultura e Spettacolo, Primo Piano, Primo Piano You Donna, You Donna
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Sylvia Plath nasce in Giamaica-Plain Boston
Il 27 ottobre del 1932.
Muore suicida l’11 febbraio del 1963 nella città di Primosa Londra.
Il poema di Sylvia Plath PaPà, rimane una delle moderne controversie mai scritte. E’ un’allegoria Oscura, surreale e talvolta dolorosa, che usa la metafora e altri dispositivi per portare l’idea di una vittima femminile, che finalmente si libera da suo padre. Nelle parole di Plath: ”Ecco una poesia di una ragazza con il complesso di Elettra, suo padre è morto mentre pensava di essere Dio. Il suo caso è complicato dal fatto, che suo padre era anche nazista e sua madre, era molto probabilmente ebrea. I ceppi si sposarono e si paralizza l’uno con l’altro: deve recitare una volta l’orribile piccola allegoria prima, che sia, libera da esso. La poetessa scrisse la poesia il 12 ottobre 1962 un mese dopo che Sylvia Plath si era separata da suo marito e si trasferì con i suoi due bambini dalla loro casa nel Devon in un appartamento a Londra, quattro mesi dopo,Plath era morta ma scrisse alcune delle sue migliori poesie durante quel periodo turbolento.
Seconda
La costante poetica di Amelia Rosselli nata il 28 marzo a Parigi nel 1930, morta 11 febbraio 1996 è rappresentata da un problema esistenziale profondo, ingovernabile, irrisolvibile. La poetessa ripete all’infinito, con minime variazioni, un tormento interiore che cerca di trasmettere all’esterno per averne un minimo di considerazione. La reiterazione della sofferenza per ciò che la vita non offre – una vera consolazione, uno scopo importante- è una richiesta di aiuto più limata che modulata. Quest’aiuto, la poetessa lo chiede anche a se stessa, sperando non sia invano. La Rosselli porta con sé una scia di disperazione nata all’indomani dell’uccisione di suo padre Carlo e dello zio Nello nel 1937, in Francia, non lontano da Parigi,per ordine di Ciano e Mussolini. I due erano importanti esponenti socialisti. Il padre Carlo aveva sposato Marion Cave, di origine inglese, a sua volta attivista laburista. Dopo l’uccisione del padre, Amelia emigrò in Svizzera con la famiglia, quindi negli Stati Uniti; nel 1946 tornò in Italia e cominciò a occuparsi di traduzioni oltre che a interessarsi di musicologia. Fra le sue numerose opere poetiche e saggistiche, vanno sicuramente segnalati questi titoli”Serie Ospedaliera”, ”variazioni belliche”, il lungo poema “Impromptu”e i saggi di ”Una scrittura plurale. Saggi e Interventi critici”. L’esperienza della morte del padre e dello zio, assassinati barbaramente, fornì di certo suggestioni profonde alla poesia della Rosselli e in particolare diede a essa una struttura solenne, rafforzata da un certo comporre accademico. L’intervento accademico nella composizione di un’opera nuoce, in genere alla volontà di trasmettere uno stato d’animo sincero. Gli è che il ricorso a codici espressivi stantii, a parole rese opportune da un certo modo teatrale, d’intendere il modo esporre un sentimento doloroso, cozza con la sincerità essenziale del sentimento stesso. La Rosselli non è certamente esente da tutto questo Essa ebbe rapporti con il Gruppo 63, un insieme d’intellettuali dalle buone intenzioni, ma dai risultati discutibili rispetto ai propositi rivoluzionari. E in particolar modo ebbe a che fare con Andrea Zanzotto, Giovanni Raboni e Pier Paolo Pasolini (conobbe anche lo sfortunato Rocco Scotellaro, morto improvvisamente a soli trenta anni pare per infarto nel 1953; Scotellaro appartiene al mondo contadino partenopeo, che lui in poesia e in prosa rende universale: da leggere assolutamente “L’uva puttanella”, la sua solare autobiografia). L’incontro con i tre citati non fu prolifico per la nostra poetessa, anzi fu la causa dell’aumento della solennità e nell’enfasi nelle sue composizioni, Zanzotto, ermetico, era soprattutto uno sperimentatore. Molto ben attrezzato nell’erudizione, quindi inevitabilmente Un esteta della parola; Raboni era un ottimo intellettuale, specializzato nella prosa critica, e traduttore, a tempo perso timido poeta intimista, con grandi problemi esistenziali; Pasolini, modestie creative a parte, super valorizzano per motivi di costume aveva una sensibilità (delle orecchie si direbbe) si potrebbe dire. Poetica non comune. Gli si deve la scoperta di ottimi poeti dialettali. Probabilmente dei tre Pasolini le diede una certa carica vitale che invogliò la Rosselli ad arricchire i suoi versi, secondo una ricerca più viva dell’espressione. Ma, questa ricerca non si rivelò per la nostra poetessa un rimedio risolutivo. Alla lunga fu piuttosto uno scandaglio produttivo solo una scoperta di un male veramente insanabile. Il confronto fra la forza del poteare- un tentativo di approdo verso qualsiasi salvezza- e la sensibilità amara sollecitata dalle parole adoperate, fu nettamente a favore della seconda. L’atteggiamento che la Rosselli aveva negli ultimi tempi, di sacerdotessa sacra, dedita alla trasmissione di una gnosi esoterica, nascondeva accumuli di dolore personale, intimo che non sapeva come gestire. Quando avvenne la crisi tra parola preziosa e significo autentico della stessa nella situazione esistenziale, per la Rosselli fu la fine. La nostra amica si ritrovò completamente sola, a tu per tu con una realtà dura ma, vissuta tanto intensamente e per forza. Essa negò sempre di essere ammalata fisicamente (aveva tra i molti acciacchi il morbo di Parkinson) e rifiutò cure, ma il peggio arrivò quando decise, di farla finita. Torniamo ora per un attimo alla sua poetica. Si discute continuamente sul valore eccelso o meno della sua poesia da un punto di vista concettuale. Per chi scrive, la Rosselli fu soprattutto un essere umano notevole, sotto molti aspetti esemplari. La sua poesia è faticata, ripiegata su se stessa, orgogliosa e disperata, Sta in un labirinto, da cui non vuole uscire. Ci sta con stupore, ma si trova bene e lo comunica con passione discreta, trattenuta, grave, enigmatica . Una poesia che vive in sé con lampi verso il cielo quasi involontari. è una poesia da leggere e rileggere, per cercare di comprendere un’autentica sofferenza.
Ho messo in campo e paragonato due donne, che si sono entrambe suicidate lo stesso giorno, ma in posti e anni diversi, per una sofferenza interiore nascosta ai più, ottime menti, paralizzate entrambe dal forte dolore per l‘uccisione del proprio padre.
Vero, impossibile vivere senza la presenza dell’uomo che ti ha dato la vita…

Anna Sciacovelli

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