Negli ultimi 10 anni, migliaia di persone hanno dichiarato di essere affette da tripofobia.
Chi soffre di questo disturbo, non ancora riconosciuto dalla comunità scientifica, è infastidito, teme o prova ribrezzo alla visione di piccoli fori raggruppati.
L’esposizione a tale stimolo fobico può provocare ansia, disgusto o addirittura nausea, vomito, brividi e vere e proprie crisi di panico con tremori, palpitazioni, sudore freddo e difficoltà respiratorie.
Chi soffre di tripofobia riferisce che è la percezione visiva ad essere particolarmente avversa e inoltre la paura sembra aumentare se i fori sono presenti sulla pelle umana o se dai fori fuoriesce qualcosa come, ad esempio, un insetto.
Nei casi più gravi questi sintomi si manifestano anche al solo pensiero di quelle immagini che scatenano la paura.
Studi e ricerche sulla tripofobia
Da alcuni studi è emerso che tale repulsione è dovuta ad un’associazione di questi pattern visivi con situazioni di pericolo, in quanto queste immagini richiamano ad esempio cavità naturali o i motivi sul corpo di alcuni animali velenosi, come i serpenti, e si ipotizza quindi che questa fobia abbia basi evoluzionistiche.
Una particolare zona del cervello sarebbe stimolata dagli input generati da quelle immagini che richiamano i disegni presenti su animali o piante velenose o riconducono ai fori da cui potevano fuoriuscire animali letali o pericolosi.
Secondo il modello darwiniano, l’uomo potrebbe essere stato selezionato durante l’evoluzione proprio per questa sua capacità di individuare stimoli pericolosi grazie a dei modelli visivi che fungono da avvertimento e da meccanismo di difesa.
Alcune ricerche più recenti suggeriscono invece che la tripofobia sia correlata alla repulsione nei confronti delle malattie infettive e dei parassiti e in particolar modo verso quelle patologie associate alla comparsa di eruzioni di forma circolare sulla pelle (morbillo, vaiolo, rosolia…)
Inoltre, alcuni soggetti, dopo essere stati sottoposti a diversi test, avevano la sensazione che la loro pelle fosse infestata da parassiti o insetti, pur essendo consapevole che questo non corrispondeva alla realtà.
Sebbene non esista attualmente un gran numero di articoli scientifici e di letteratura riguardanti tale fenomeno, questo è ampiamente documentato su siti Internet e gruppi Facebook in cui le persone riportano le loro testimonianze e raccontano di come la tripofobia influenzi quotidianamente le loro vite, in alcuni casi anche in maniera debilitante.
Le immagini più spesso riportate come inducenti la fobia sono il baccello del fiore di loto, le bolle di sapone, le fragole, i buchi del formaggio o del cioccolato aerato, il favo di un alveare o qualsiasi immagine creata artificialmente in cui vi sia una ripetizione di fori.
Non è ancora possibile sapere perché alcune persone sviluppino un’avversione per i buchi e altre no, ma questa è una condizione comune a tutte le fobie.
Spesso il morso di un animale o la puntura di un’ape o una vespa rende fobici nei confronti degli insetti o di altri animali, mentre altre non sviluppano queste fobie.
La Tripofobia è una fobia?
Non essendo ufficialmente riconosciuta come disordine psichico, non sono ancora stati stabiliti dei criteri per una diagnosi clinica della tripofobia.
In ogni caso, qualora si riscontrasse questa paura e i sintomi diventassero tali da limitare in modo significato la vita quotidiana, è consigliabile rivolgersi ad un medico per intraprendere un percorso terapeutico.
Le diverse opzioni per il trattamento della tripofobia prevedono sedute di psicoterapia, tecniche di rilassamento e in casi particolari anche l’uso di farmaci.
Durante la terapia cognitivo-comportamentale si punta alla razionalizzazione della fobia da parte del paziente spesso mediante la presentazione degli stimoli fobici in condizioni controllate fino ad ottenere una perdita di sensibilità nei confronti degli stessi ed una capacità di reazione ai pensieri ansiogeni generati dai buchi e dalle immagini di essi.
In questo modo, il soggetto ha anche la possibilità di imparare delle tecniche di autocontrollo emotivo che gli permettono di ridimensionare la propria paura.
La terapia farmacologica può essere prescritta esclusivamente da un medico psichiatra nei casi più gravi quando è necessario trattare anche ansia o disturbi dell’umore associati alla fobia.