Niente smartphone tra i banchi se non per fini didattici. La scuola italiana apre l’anno scolastico con una misura che può sembrare drastica ma che, se ben gestita, diventa un’occasione per rieducare al tempo digitale. Un cambiamento che riguarda non solo gli studenti ma anche il modo in cui famiglie e adulti vivono la tecnologia ogni giorno.
“Quando si toglie un oggetto così presente come il cellulare non basta pensare al divieto. È un’occasione per stimolare l’attenzione, ritrovare spazi di dialogo reale, chiedere coerenza agli adulti che devono essere i primi a dare l’esempio – spiega Alessandra Bitelli, coach e autrice de “Il primo romanzo utile del coaching” – e scoprire che il tempo liberato può diventare creatività e relazione. La scuola apre la strada ma la sfida riguarda tutti noi, dentro e fuori le aule”.
NON SOLO DIVIETO, MA EDUCAZIONE DIGITALE
Ridurre l’uso dello smartphone in classe non deve trasformarsi in una punizione. È un’occasione per scoprire altre forme di comunicazione, di socialità e di attenzione al presente. L’assenza del cellulare non è un vuoto, ma uno spazio che può essere riempito da nuovi modi di stare insieme.
“Ogni scelta che sembra limitare può invece diventare un’occasione preziosa per trovare alternative. Significa abituarsi al dialogo diretto e non mediato da uno schermo, riscoprire la collaborazione con i compagni, imparare a mantenere la concentrazione senza continue interruzioni e allenare la capacità di gestire il tempo in modo autonomo. Non è un semplice stop tecnologico – precisa Bitelli – ma un invito a coltivare abilità che restano utili ben oltre i banchi di scuola, nella vita sociale, nello studio e nel lavoro”.
UN IMPATTO CHE PARTE DAI GENITORI
Il cambiamento richiesto agli studenti chiama in causa anche le famiglie. Se i ragazzi lasciano il cellulare in tasca a scuola, ma a casa i genitori sono sempre connessi, il messaggio si svuota. È qui che serve un’alleanza educativa: la scelta della scuola diventa credibile e incisiva solo se i genitori la sostengono, trasformandola in un impegno condiviso.
“La coerenza è fondamentale. I ragazzi imparano ciò che i genitori fanno non quello che dicono, e la vera educazione digitale inizia dal comportamento adulto. Per questo – incalza Bitelli – è importante che le famiglie non si fermino al sostegno formale della regola scolastica ma la estendano nella quotidianità domestica, con momenti liberi da dispositivi, spazi dedicati alla conversazione e piccole pratiche di riscoperta del contatto con la realtà che coinvolgano tutti. Solo così la misura adottata a scuola diventa un percorso concreto e duraturo”.
IL VALORE DEL TEMPO LIBERATO
La riduzione dell’uso dello smartphone apre tempo ed energie nuove. Ore che possono essere impiegate per leggere, praticare sport, coltivare passioni o semplicemente annoiarsi
un po’. È un’occasione per riscoprire attività che stimolano la creatività, il pensiero critico e le relazioni reali, spesso sacrificate dalle continue notifiche e dall’iperconnessione.
“La noia non è un nemico, ma un motore di creatività. Se il digitale riempie ogni spazio vuoto, toglie la possibilità di allenare l’immaginazione e di cercare soluzioni nuove. Liberare tempo dallo schermo – prosegue Bitelli – significa anche riconnettersi con sé stessi, imparare a gestire la solitudine, sviluppare resilienza e scoprire interessi autentici. Sono competenze trasversali che diventano fondamentali in tutte le fasi della vita, dalla crescita dei ragazzi fino al mondo del lavoro”.
LE NUOVE ABITUDINI
Il coinvolgimento di tutta la famiglia è decisivo, perché se la regola vale solo a scuola o solo per i figli, perde forza e viene vissuta come imposizione.
“Il detox digitale non può essere un esercizio individuale perché rischia di diventare una rinuncia a senso unico. Se i genitori continuano a controllare il telefono mentre chiedono ai figli di metterlo via, il messaggio si indebolisce. Coinvolgere tutta la famiglia – conclude Bitelli – significa invece costruire un patto reciproco, in cui gli adulti diventano modelli credibili. Solo così il cambiamento smette di essere percepito come un divieto e si trasforma in una scelta condivisa che apre la strada a nuove abitudini quotidiane, semplici da adottare e capaci di migliorare il benessere di tutti”.
Ecco le nuove abitudini suggerite da Alessandra Bitelli per tutta la famiglia
- A tavola
La tavola diventa il primo laboratorio di educazione digitale. Togliere i telefoni durante i pasti favorisce conversazioni più ricche, riduce le interruzioni e crea un piccolo rito quotidiano che dà priorità alle relazioni. Migliora anche l’ascolto reciproco e abbassa la tensione sui “controlli” perché la norma vale per tutti allo stesso modo, adulti compresi.
- Al risveglio
Senza schermi nell’ora dopo il risveglio e nell’ora prima di dormire si protegge l’avvio e la chiusura della giornata. Al mattino si evita la cascata di stimoli che frammenta l’attenzione e si imposta un ritmo più intenzionale. La sera si facilita il sonno perché si riduce l’iperattivazione mentale e si preserva il ritmo naturale di riposo. È una micro-routine che migliora concentrazione, umore e qualità del recupero.
- Nei momenti di condivisione
Una sera a settimana completamente offline crea tempo di qualità prevedibile. Spezza l’automatismo del “sempre connessi”, rende naturali attività alternative e costruisce memoria familiare di esperienze positive. Funziona meglio se sono i ragazzi a proporre parte del programma, così aumenta il senso di autonomia e di responsabilità.
- Nei confini di benessere
No smartphone in camera da letto e negli spazi di riposo significa confini chiari tra luoghi della relazione digitale e luoghi del sonno e dello studio. Riduce l’uso compulsivo notturno, limita le distrazioni mentre si studia e migliora privacy e sicurezza. Un accorgimento pratico aiuta molto, ricarica dei dispositivi in uno spazio comune
- Nel tempo
Almeno un’ora al giorno dedicata a un’attività non digitale sostiene corpo e mente e allena la tolleranza alla noia, che è terreno di creatività. Che sia sport, lettura, musica o manualità, la scelta regolare di un impegno “attivo” rinforza motivazione, autostima e senso di competenza. Meglio fissare micro-obiettivi settimanali così i progressi sono visibili e gratificanti.