Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo ha dichiarato oggi che il Governo si sta concentrando sulla volontà di venire incontro al ceto medio, soprattutto nella fascia da 28.000 a 50.000 euro e quindi portare aliquota dal 35% al 33% ed eventualmente allargarsi a 60.000 euro.
“Un grave errore! A parte il fatto che il Governo continua a parlare impropriamente di ceto medio riferendosi a chi dichiara 50 mila euro, ossia il doppio rispetto al reddito medio dichiarato, pari a 24.830 euro. Al di là dell’iniquità della manovra, si tratta di una politica economica sbagliata, dato che quelle famiglie che non hanno bisogno di un aiuto per i loro acquisti. Hanno una propensione marginale al consumo molto più bassa rispetto al primo quintile della popolazione e, quindi, l’aumento del loro reddito disponibile andrebbe in gran parte in risparmio e non a rilanciare i consumi a vantaggio del Paese. Andrebbe semmai abbassata la prima aliquota Irpef al 23% se si vuole avere un effetto significativo sul Pil” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
“Ma il punto è che se il ceto medio, quello vero, è diventato povero è perché in questi ultimi 30 anni si sono ridotte le imposte a carico anche dei benestanti, si pensi a Imu, flat tax, aliquote Irpef, e aumentate quelle che, in barba all’articolo 53 della Costituzione, non tengono conto della capacità contributiva e della progressività e colpiscono tutti in egual misura, ricchi e poveri, come le aliquote Iva (dal 20 al 22%) e le accise e gli oneri di sistema sulle bollette di luce e gas, facendo esplodere le spese obbligate come acquistare cibo o riscaldare e illuminare casa. Se davvero il Governo vuole aiutare l’economia, insomma, non tocchi l’Irpef e riduca le bollette di famiglie e imprese!” conclude Dona.