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LA VITA DI MARADONA RACCONTATA DA SIGNORINI: “HA DIFESO NAPOLI E I NAPOLETANI DAL RAZZISMO”

Redazione Tgyou24.it Da Redazione Tgyou24.it
13 Novembre 2025
In Curiosità, You Donna
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LA VITA DI MARADONA RACCONTATA DA SIGNORINI: “HA DIFESO NAPOLI E I NAPOLETANI DAL RAZZISMO”
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Nei giorni che hanno preceduto la ricorrenza del sessantacinquesimo compleanno di Maradona, nell’intervista esclusiva rilasciata al giornalista Gennaro Savio, il preparatore atletico Fernando Signorini racconta i momenti salienti della vita calcistica e non di Diego. Tantissimi i temi toccati: dall’esperienza del Pibe de Oro al Barcellona, agli scudetti vinti a Napoli passando per la vittoria del mondiale nel 1986 in Messico e la squalifica a USA ’94. La tragedia della cocaina e le sue battaglie contro i vertici della UEFA e a difesa dei popoli oppressi. Il suo strettissimo legame di amicizia con il Comandante Fidel Castro, la sua straordinaria umanità, l’infinito amore per Napoli e i napoletani che difese con orgoglio dal razzismo e tanto, tanto altro ancora in un’intervista pubblicata integralmente da leggere e ascoltare tutto d’un fiato.

Il testo integrale dell’intervista
Gennaro Savio: Buongiorno dott. Signorini e grazie per concederci questa intervista. Lei rappresenta la storia per eccellenza dei preparatori atletici e non a caso Maradona per tantissimi anni l’ha voluta al suo fianco
Fernando Signorini: Si – dice scherzando col sorriso stampato sul volto -, è stato forse uno dei falli più incredibili fatti da Diego quello di scegliermi. E’ stato un momento indimenticabile quando me lo ha chiesto. Io veramente non ci potevo credere. Forse è un sogno ho pensato. E comunque sono stati anni meravigliosi. Praticamente abbiamo trascorso undici anni insieme, oltre a quegli anni in cui non siamo stati più vicini ma comunque l’amicizia è rimasta per sempre.
Savio: Lei è stato un professionista che Maradona oltre ad averle voluto bene, l’ha stimata tantissimo e questo perché è una persona seria, leale, onesta. Questo è un grande onore per lei.
Signorini: Si, ma questa forse è una mia caratteristica. Forse perché ho avuto maestri e professori che mi hanno aiutato in questo. E non solo con Diego, io sono così con tutti.
Savio: Il rapporto professionale al fianco di Maradona comincia nel 1983 a Barcellona. Un battesimo del fuoco potremmo dire visto che quello fu l’anno in cui Goikoetxea con un intervento violento fece a pezzi la caviglia sinistra di Diego rischiando di stroncargli la carriera.
Signorini: Sì, però io comunque devo ringraziare Goikoetxea perché senza quel fallo Diego probabilmente non avrebbe avuto bisogno del mio aiuto. Cosi quando ho conosciuto Goikoetxea – ha affermato sorridendo -, gli ho stretto la mano e gli ho detto grazie per quello che hai fatto per me.
Savio: Dopo la delicatissima operazione alla caviglia, il periodo di recupero e di riabilitazione. E’ in questa fase iniziale che sembra si cementifichi il vostro rapporto professionale e, soprattutto, di amicizia, umano.
Signorini: Si, ma comunque devo dire che se c’è una persona a cui Diego deve ringraziare, è il Dott. Ruben Oliva, un medico argentino che viveva a Milano, che è stato lui, dopo l’intervento a guidarlo nel primo mese del recupero.             Savio: Dopo la “rinascita” dall’infortunio, il Napoli acquista Maradona. Il suo arrivo in città creò un’euforia straordinaria. Quale fu la reazione di Diego rispetto a tanto calore umano?
Signorini: Ancora oggi non posso dimenticare soprattutto quei primi giorni con Diego al Napoli. Quando siamo andati al primo ritiro a Castel del Piano, l’entusiasmo e l’amore della gente era veramente incredibile. Penso proprio che Diego aveva bisogno di Napoli, ma sicuramente anche Napoli aveva bisogno di Diego
Savio: Napoli all’epoca era la città e “na carta sporca” cantata da Pino Daniele, una città derisa e discriminata. Diego tolse gli schiaffi da faccia al popolo napoletano. Un leader in campo e fuori dal campo.
Signorini: Si. Io ho sempre pensato che chi crede che la cosa più importante che ha fatto Diego è stata sul campo di gioco, non ha capito bene l’importanza che ha avuto sotto il profilo sociale ed emozionale per i napoletani. Perché non dimentico che quando la squadra andava a giocare al nord c’erano striscioni che erano davvero schifosi nei loro confronti. Ma comunque credo che questo era proprio la cosa di cui Diego aveva bisogno per tirarsi ancora più su.
Savio: Come ricorda i giorni e le ore antecedenti alle partite in cui il Napoli giocava contro le superpotenze calcistiche del nord, Juve, Inter, Milan? Diego come li viveva?
Signorini: Si, quando più era difficile l’impegno, lui più forte si sentiva. Con le squadre più forti e contro i giocatori più forti come Platini era come una gara a parte.
Savio: Un aneddoto da raccontarci a riguardo di queste partite giocate in stadi dove i cori razzisti erano all’ordine del minuto?
Signorini: C’è un aneddoto che ancora oggi mi fa sorridere. Una partita che il Napoli ha perso a Milano, non ricordo se contro l’Inter o il Milan. I giornalisti erano in attesa e aspettavano Maradona sorridenti. Allora gli hanno chiesto cosa fosse successo, come mai avessero perso e Maradona guardandoli con un sorriso rispose: “Oggi abbiamo fatto felice l’Italia razzista”. E’ stato incredibile perché il giovedì successivo alla partita, nel Parlamento italiano si è discusso proprio dei cori razzisti negli stadi. Lui era capace di fare anche questo.
Savio: Sette anni magici nel Napoli dal 1984 al 1991. Cosa le è rimasto più impresso di quel periodo tra vittorie di scudetti e coppe?
Signorini: Io credo sia stato il primo scudetto perché era storico. Anche perché quando è arrivato in Italia era un po’ preoccupato perché aveva capito che c’era troppa differenza tra le squadre del nord e il Napoli. Poi  perché era subito dopo il mondiale. In quell’anno ha vinto il mondiale ed è stato campione con il Napoli. E’ stato forse l’anno più incredibile della sua carriera. Il mondiale lo aveva vinto in Messico dove non aveva il calore intorno che invece aveva a Napoli.
Savio: Maradona cuore d’oro tanto da giocare una partita di beneficenza nel fangoso campo sportivo di Acerra. Lei fu in apprensione che potesse farsi male? In ogni caso nessuno lo avrebbe potuto far desistere dal giocare quella partita, immagino.
Signorini: Sai che oggi i campi da calcio sono incredibilmente perfetti ma a lui piaceva il fango, buttarsi nell’acqua perché lo aveva fatto da piccolo a Villa Fiorito. Per quello ha giocato con una voglia ed un sorriso che non riusciva ad avere nemmeno quando vinceva contro la Juve o contro il Milan. Era molto felice facendo queste cose.
Savio: Lei è mai stato a Ischia con Diego?
Signorini: Si, nella prima gita che abbiamo fatto con la barca del carissimo Dino Celentano che ci portò a conoscere quell’Isola meravigliosa. Sono tanti i ricordi incredibili.
Savio: Ci può raccontare un aneddoto semmai inedito di Maradona?
Signorini: Si, forse quello quando siamo arrivati a Cuba invitati dal Comandante Fidel Castro. Dalle nove e mezza di sera parlammo fino alle quattro del mattino. Fu un momento unico e alla fine ricordo che ad un certo punto Diego mi disse che avrebbe voluto chiedergli il berretto. Gli dissi vai, vai e così glielo chiese. E c’è la foto con Diego orgoglioso di avere il berretto di Fidel Castro.
Savio: Carattere testardo quello di Diego che a Napoli nemmeno nelle partite giocate a calcetto con gli amici voleva perdere. Doveva vincerle tutte anche quelle. E lei lo faceva arrabbiare, vero?
Signorini: Si, certo, – sorride Signorini – lo facevo apposta per farlo arrabbiare. Lui subiva un fallo e io dicevo che il fallo non c’era e lui si arrabbiava. Ma questa era la benzina per tirarsi su.
Savio: Con Diego al campionato del mondo del 1986, mondiale vinto praticamente da solo e che lo incorona il calciatore più forte di tutti i tempi. Emozioni indescrivibili, immagino.
Signorini: In Messico sono stato con un altro grande napoletano che era Salvatore Carmando. La cosa più importante è che in quella squadra non credeva nessuno. Gli argentini non avevano fiducia in quella squadra. Invece piano piano dopo la prima partita contro la Corea del Nord, la squadra ha iniziato ad aiutare Diego e sono diventati campioni del mondo in un modo incredibile. Veramente è stato un fatto incredibile.
Savio: Argentina-Inghilterra, la partita delle partite in quel mondiale. Un incontro che andava ben oltre il calcio e aveva una grande valenza politica e sociale in quanto si disputava a quattro anni di distanza dalla Guerra delle Falkland. Una ferita profonda e ancora sanguinante per gli argentini e per Diego in quel momento.
Signorini: Si, certamente. E’ stata una partita che credo non ce ne sia un’altra nella storia del calcio e non ce ne saranno altre così. Perché per ripetersi una partita del genere servirebbe un’altra guerra. Magari mai più le guerre! Si, quella è stata la partita più importante e più incredibile della storia dei mondiali di calcio.
Savio: Il goal del secolo è stato qualcosa di pazzesco e lei ha avuto la fortuna di guardarlo a pochi metri di distanza. Cosa ricorda?
Signorini: Si, io stavo dietro la porta. Fu un’emozione incredibile, ma ancora di più dopo a guardarla in televisione. Perché sul campo, sai, sono stati undici secondi e uno non si rende conto effettivamente di cosa era riuscito a fare. Invece guardandola dopo in televisione e ancora oggi sembra una cosa impossibile. Si, sembrava la scena di un film fatta apposta.
Savio: 1994 Mondiale degli Stati Uniti d’America. Innanzitutto come riusciste a mettere in forma Diego in così poco tempo?
Signorini: Perché lui aveva deciso che quel mondiale doveva giocarlo. Perché era il primo mondiale in cui le figlie Dalma e Giannina potevano vederlo giocare. Così lui ha deciso di mettersi in forma nel migliore dei modi e così è successo. Io ero li vicino per aiutarlo però se lui non voleva… Aveva desiderio di giocare. E’ tutta colpa sua tra virgolette…
Savio: Argentina-Nigeria, Diego esce dal campo prelevato da un’infermiera. Un’immagine che oggi risuona ancora come una pugnalata al cuore per chi conosceva la generosità di Maradona. Prima sedotto per dare lustro al mondiale negli States e poi abbandonato, umiliato in diretta mondiale. Ma Diego anche in quel caso ne uscì vincitore umanamente parlando.
Signorini: Si, umanamente parlando. Si, perché lì poco dopo si è capito che ancora una volta era stato strumentalizzato per il potere. Così come il potere aveva fatto in Italia nella partita contro il Bari. Perché tutti quanti nell’ambiente sapevano che Diego aveva il problema della cocaina. Solo che facevano finta di niente perché il limone aveva ancora il succo. E’ stata l’ipocrisia del potere che come sempre è miserabile e Diego ha pagato.
Savio: Cosa sarebbe stato Diego senza il problema della cocaina?
Signorini: La cocaina distrugge come distrugge i giovani nel mondo. E’ un problema che non so chi potrà risolvere. Perché il problema è innanzitutto per i piccoli delle scuole. E’ un fatto troppo grave nel mondo di oggi..
Savio: Quanto pesarono nella sceneggiata americana le battaglie di Diego a difesa di un calcio pulito e a difesa dei popoli oppressi di tutto il mondo?
Signorini: Questo il potere non lo perdona in nessun modo.  Glielo hanno fatto pagare nel peggiore dei modi sicuramente.
Savio: Maradona e l’amicizia con Fidel Castro, uno dei leader comunisti più carismatici della storia moderna
Signorini: Erano due uomini che sicuramente non saranno dimenticati mai, fino all’ultimo sole. Sicuramente rimarranno nella memoria di tutti.
Savio: Sul braccio destro Maradona aveva impresso un tatuaggio col volto di Che Guevara, il medico argentino rivoluzionario. Da cosa erano accumunati Diego e il Che?
Signorini: Credo che avessero in comune quel desiderio di giustizia e di ribellione contro il potere che era miserabile e che praticamente non rispettava nessuno. Io non so se Che avesse avuto la voglia di diventare Diego, ma sicuramente Diego avrebbe voluto essere Che Guevara, senz’altro.
Savio: Il 25 novembre 2020 Diego muore all’età di 60 anni. Se avesse potuto dirgli un’ultima cosa, cosa gli avrebbe detto.
Signorini: No, niente, gli ho detto tutto. Io per amicizia faccio questo. Se devo dire qualcosa, scelgo il momento e il modo però lo dico. E con Diego è stato così.
Savio: Oggi è a Napoli per relazionare al convegno organizzato dall’Ordine dei Fisioterapisti presieduto da Paolo Esposito. Il tema degli infortuni da sport è attualissimo visto gli infortuni muscolari che negli ultimi tempi colpiscono maggiormente i calciatori delle squadre di serie A. Si giocano troppe partite a settimana?
Signorini: Tutto questo ha molto a che vedere. Ma la cosa strana è che i calciatori hanno deciso di essere delle pecore, un gregge che il potere guida come se fosse il pastore. E li guida dove? A rischio di infortuni. Per quello prima o poi i calciatori, come ha fatto Diego nell’86, devono urlare per difendere i propri diritti. Il calcio deve essere dei calciatori e non dei dirigenti. I giocatori se si organizzano e si preparano bene non hanno bisogno dei dirigenti. Invece i dirigenti, anzi i politici, hanno bisogno dei calciatori. Perché se non fosse stato per i calciatori, forse Berlusconi non sarebbe diventato presidente in Italia e Macri in Argentina. Diego provò anche a formare un sindacato assieme a Cantonà ma per un’organizzazione del genere ci voleva molta gente, molto tempo. Però credo che prima o poi questo succederà. Il calcio alla fine sarà dei calciatori.
Savio: Come prevenire ulteriormente gli infortuni muscolari da sovraccarico di lavoro?
Signorini:  Non bisogna giocare più di quarantacinque partite all’anno. Questo dovrebbe essere il limite. Però se ogni anno si aggiungono partite per le coppe che non hanno nessuna importanza con giocatori che vanno a fare il ritiro forse in un altro continente per cercare i soldi. E’ tutta una vergogna. Menotti tanti anni fa disse che quando il pallone ha balzato dal campo di gioco al tavolo degli arabi, per esempio, o della gente che fa del calcio un negozio (un mercato n.d.r.), il calcio è diventato un’altra cosa.
Savio: E’ ritornato a Napoli dopo parecchi anni e immagino l’affetto ricevuto dai vecchi amici che sono in città.
Signorini: Forse voi che siete di Napoli non riuscite a rendervi conto di cosa produce in noi che veniamo da lontano e che non possiamo vivere nel modo in cui si vive a Napoli. Il caldo non soltanto del clima ma della gente e i paesaggi che sono meravigliosi. Secondo me è una citta unica al mondo. Ci tornerò fino a quando non sarà l’ultima volta…
Savio: Grazie per averci concesso questa intervista e a rivederci presto di nuovo qui a Napoli, allora.

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