Un miliardo di persone, un terzo delle specie marine e l’intero ecosistema oceanico rischiano di affondare con loro. Le barriere coralline, le “foreste pluviali del mare”, stanno morendo. Bianche. Emaciate. L’84% dei reef è stato esposto a un’ondata di calore insostenibile. Lo sbiancamento globale del 2023-2025 è il peggiore mai registrato.
L’oceano Pacifico, l’Atlantico e l’Indiano sono ormai fornaci sottomarine. Anche i cosiddetti rifugi termici – tipo Raja Ampat o il Golfo di Eilat – sono stati travolti dal bianco pallore della morte marina. “Non esistono più porti sicuri”, dice il dottor Derek Manzello, di Coral Reef Watch.
L’Australia è in prima linea nel disastro: la Grande Barriera ha già collezionato sei episodi di sbiancamento in nove anni. La barriera di Ningaloo ha battuto ogni record di stress termico. Dall’altra parte del globo, nel Madagascar e lungo l’Africa orientale, le barriere si sciolgono come ghiaccioli sotto al sole. O meglio, come coralli sotto all’effetto serra. Il 2024 ha mostrato un bollettino tragico: in Florida sparito un corallo su cinque. In Messico alcune aree hanno perso fino al 93%. Le Isole Chagos: un quarto dei coralli morti. Nel nord della Grande Barriera, c’è chi parla di “cimiteri”. La Coral Reef Watch, travolta dal disastro, ha dovuto inventarsi tre nuovi livelli d’allerta. Non bastavano più.
Fonte Agenzia Dire