Tra digitalizzazione, automazione e sfide ambientali, l’industria manifatturiera sta riscoprendo tecnologie in grado di coniugare produttività e sostenibilità. Tra queste, la marcatura laser (per info vai https://www.lasit.it/) si sta affermando come una delle soluzioni più diffuse per garantire tracciabilità dei prodotti, ridurre sprechi e migliorare la qualità dei processi.
Dai componenti automobilistici agli elettrodomestici, passando per dispositivi medicali e oggetti di uso quotidiano, la marcatura laser è ormai parte integrante delle linee produttive di migliaia di aziende. A differenza di altre tecniche tradizionali, come la serigrafia o la tampografia, non richiede l’uso di inchiostri o solventi e non produce rifiuti chimici. È un dettaglio non banale: secondo recenti analisi, il solo settore della marcatura industriale rappresenta una fetta importante delle emissioni indirette legate ai consumabili.

Il cuore di questa tecnologia è un fascio di luce che, colpendo la superficie di metalli, plastiche o ceramiche, modifica la struttura del materiale senza intaccarne la qualità. Il risultato sono codici a barre, numeri di serie e loghi incisi in modo permanente, resistenti all’usura e agli agenti atmosferici. Un passaggio chiave per settori come l’automotive e l’aerospaziale, dove la tracciabilità dei pezzi è diventata un requisito imprescindibile per la sicurezza.
In questo scenario si inserisce la crescita di aziende italiane specializzate in questo campo. Tra queste, LASIT – nata in Campania negli anni ’90 – è considerata oggi uno dei principali costruttori di marcatori laser a livello mondiale, con una forte spinta sull’automazione e l’integrazione digitale. Negli ultimi anni, la domanda di sistemi di marcatura integrati con i software di gestione aziendale è aumentata in modo significativo: avere dati di produzione e tracciabilità in tempo reale permette di ridurre errori, ottimizzare i controlli qualità e rispondere ai requisiti di certificazione sempre più stringenti.
Ma il dato forse più interessante riguarda l’impatto ambientale. Con una macchina laser è possibile marcare decine di migliaia di pezzi senza generare scarti, abbattendo così non solo i costi di gestione dei rifiuti, ma anche l’impronta carbonica di intere filiere. Inoltre, le sorgenti laser di ultima generazione hanno una durata utile che può superare le 20.000 ore di lavoro continuo, riducendo le esigenze di manutenzione e sostituzione di parti.
L’attenzione alla sostenibilità riguarda anche l’uso di materiali. L’evoluzione tecnologica sta portando all’utilizzo di sorgenti laser con lunghezze d’onda diversificate – dalle fibre ottiche ai laser UV – in grado di incidere su superfici delicate come plastiche trasparenti o circuiti elettronici senza danneggiarli. Una possibilità che si traduce in una maggiore versatilità, con benefici per settori come l’elettronica di consumo e la produzione di dispositivi medicali.

L’Italia, in questo comparto, continua a giocare un ruolo da protagonista grazie a un know-how maturato in anni di ricerca. Una sfida che non riguarda solo l’export, ma anche la capacità di trasferire innovazione e buone pratiche a livello locale. Soprattutto in un momento storico in cui l’efficienza energetica e la riduzione dell’impatto ambientale sono temi centrali in tutte le filiere industriali.
I numeri confermano una tendenza di lungo periodo: la richiesta di marcatura laser è cresciuta a doppia cifra nell’ultimo decennio, spinta anche dalle normative europee sulla tracciabilità dei componenti e dalla sempre maggiore attenzione dei consumatori a processi di produzione trasparenti.
In altre parole, quella che fino a pochi anni fa era una nicchia tecnologica oggi è diventata uno standard industriale. E se l’innovazione è il motore, la sostenibilità resta la bussola per non perdere di vista la rotta. Un segnale positivo per chi immagina un’industria in grado di produrre di più, ma con un impatto sempre più leggero sul pianeta.









