Vestire una donna era molto facile una lunga gonna copriva le gambe, un corpetto e un monacale decolté scopriva e nel contempo copriva, le sembianze femminili di una donna.
Per gli uomini bastavano le brache e una camicia larga un paio di pedalini a strisce variegate e l’abito si adattava a qualsiasi circostanza, pochi cambi per una intera vita.
Si pensò bene, che anche gli uomini del popolino, dovessero indossare, costumati e garbati abiti, nasce l’usanza del ben vestire, in special modo la domenica giorno di festa
La moda per l’abito maschile del ‘600, in special modo, il vestito degli uomini baresi era formato da Giasacca o Casacca, Gioppone o giubbone, giamberga a falde lunghe, giamberga a falde corte, marsina e al disotto, un corpetto o panciotto, cui si accompagnavano i calzoni.
Come soprabito portavano una cappa o un ferraiolo, mentre per proteggere il capo, usavano la barretta o berretto, la coppola, il cappello di feltro, la cazzetta o la scazzetta.
Il corredo intimo comprendeva camicie, maglie, calzonetti o mutande e calze. Le calzature in termine generico erano le scarpe.
Nella configurazione dei predetti capi, i sarti si avvalevano solitamente del panno, che talvolta era di lana, talaltra di bambace, di spolino, di pelluccia o di scadente zocana, salvo i casi in cui, trattandosi di vestiti di lusso, venivano adoperate stoffe pregiate, del tipo di quelle impiegate anche per le donne.
Passando agli esempi, si può ricordare che nel 1657, un signore elegante indossava un vestito di damasco a colore di acqua marina. Nella descrizione dell’abbigliamento di persone giovani e un tantino pretenziose, si rinvengono nel 1663, citazioni relative a chi andava in giro con corpetto rosso et calzoni verdi larghi alla francese d’una teletta stampata con cazzetta in capo.
Altri avevano nel 1667, un paro di calzoni di pelluccia e nel 1670, un paio di calzoni di panno torchino. Un damerino usciva invece, nello stesso giorno di tempo, con un vestito di raso lamato guarnito con trine d’argento.
Nel 1674, una persona povera si copriva con calzone e casacca di stoffa a differenza di un ricercato signore del 1686 abbigliato con calzone, corpetto e marsina di vario colore cenerino, et il calzone di panno di colore fango detto“ feccia”. Nel 1710, si vedevano individui abbigliati con giamberga di scarlatto ricamata d’argento con i bottoni anche in argento e nel 1728, c’era gente che vestiva con giambega di velluto cremisi trinata, calzone dell’istesso colore velluto fermati alle ginocchia con bottoni in argento, giamberghino con un gancio d’oro, calzette di seta con fiori d’oro, e cappello di castoro bordato in oro, all’epoca i nobili cingevano anche la spada.
Nel 1670, un bimbo aveva una “longaria” (mantella), con la mozzetta di seta con “trene” (trine) guarnito d’argento, et con il rocchetto d’orletto con pezzilli, ossia un abitino con soprabito e mantelletta in stoffa pregiata.
Anna Sciacovelli