Sembra logico, vero? Mangi meno grassi, pesi meno. E invece no, perché il nostro corpo non funziona come un foglio Excel.
“Va smentito il luogo comune che il grasso ingrassa. Questo accade solo quando la quota lipidica è eccessiva rispetto agli altri componenti nel pasto e se si associano grassi diversi insieme. Si pensa impunemente che in un regime alimentare dietetico riducendo la quota di grassi – spiega Paolo Bianchini consulente nutrizionale e nutraceutico di Salò e autore del “Metodo Bianchini” – l’organismo possa attingere dalla riserva lipidica con una riduzione del peso corporeo. In realtà i grassi in deposito sono qualitativamente poveri e il fisico ha bisogno di diverse categorie di lipidi. Inoltre liberando velocemente il pannicolo adiposo vengono sprigionate tossine, metalli pesanti, metaboliti ormonali che possono danneggiare organi vitali. Non è raro riscontrare in diete drastiche alterazioni dell’equilibrio psichico e neuroendocrino”.
QUANTI ASSUMERNE E QUALI PREFERIRE
“Bisognerebbe assumere anche fino al 35-40% di grassi e i cibi che ne contengono maggiormente sono carne rossa, uova, formaggi e latticini a latte intero, panna, burro, olio di cocco e avocado. Questi sono i cibi che dovrebbero costituire la base della dieta, con pollo e maiale da mangiare in minori quantità per via dell’alta percentuale di grassi polinsaturi (a meno che la carne non sia di maiali allevati al brado, senza mangimi), e pesce grasso una volta la settimana per qualche grammo di acidi grassi omega-3. Tra i grassi animali – spiega Bianchini – quelli ideali sono tutti quelli della carne di erbivori (vacca, pecora, capra, bufalo) anche sotto forma di sego; burro e ghee/burro chiarificato; tuorlo d’uovo; panna e panna acida e in generale tutti quelli dei formaggi e derivati del latte come yogurt o kefir. Il lardo e i grassi del maiale sono generalmente più ricchi di acidi grassi polinsaturi, e lo stesso vale per il grasso del pollame, ma la cosa dipende largamente dalla dieta degli animali. Da includere con moderazione, ma se si fa una dieta ricca di grassi “buoni” se ne può mangiare in abbondanza. Olio di cocco e olio di avocado sono da preferire tra i grassi vegetali ideali. L’olio extra vergine di oliva (EVO) è da usare esclusivamente a freddo per condire, perché gli acidi grassi monoinsaturi di cui è composto, si ossidano facilmente”.
GRASSI A CRUDO O CUCINATI. ATTENZIONE AI SOFFRITTI E AI TRANS
“L’uso commestibile di olio di oliva è diventato comune solo recentemente, cioè da quando è stato promosso come cardine della dieta mediterranea per ridurre il consumo dei “terribili” grassi saturi. Ma l’olio di oliva è pur sempre un olio, ricco di grassi insaturi, e questi si ossidano in cottura. Va anche considerato che cuocere verdure contenenti zolfo (aglio, cipolla, broccoli…) in olio, crea grassi trans che sono di gran lunga i peggiori per la salute. Farsi un soffritto – precisa Bianchini – equivale a mangiare grassi trans come quelli nei cibi altamente processati, grassi che sono causa di malattie cardiovascolari in generale, ed aterosclerosi in particolare”.
ACIDO GRASSO PER MANTENERE LA STRUTTURA DELLE CELLULE
I lipidi (acidi grassi essenziali, colesterolo, lipoproteine e fosfolipidi) costituiscono uno dei componenti fondamentali di tutte le membrane biologiche, precursori dei più importanti ormoni, una loro parte indispensabile per il trofismo del tessuto nervoso e sono riserva energetica nelle carenze nutrizionali prolungate.
“Gli acidi grassi, ovvero i vari componenti dei grassi che mangiamo, sono molti e ciascuno con le sue proprietà specifiche. Ad esempio – prosegue Bianchini – il grasso dei ruminanti è migliore di quello dei polli o degli olii di semi e di legumi, proprio perché contengono acidi grassi migliori. Uno di questi è l’acido pentadecanoico (chiamato solo anche C15), fortemente diminuito negli ultimi 50 anni. Questo acido grasso (burro, panna, formaggi grassi, carne di ogni tipo, ed alcuni pesci) è indispensabile per importanti funzioni legate alla salute in generale e alla longevità in particolare, a partire da effetti antiinfiammatori, antitumorali, di regolazione delle risposte immunitarie e dell’autofagia. Ma soprattutto, serve a mantenere robusta la struttura delle cellule”.
DIFFERENZE BIOCHIMICHE TRA GRASSI SATURI E INSATURI
I grassi si comportano in modo diverso a seconda della loro struttura chimica, cioè del tipo di legami tra gli atomi di carbonio.
“I grassi saturi hanno legami “completi”, motivo per cui sono molto stabili e resistono bene al calore, non si ossidano facilmente e non irrancidiscono. Quelli monoinsaturi e polinsaturi, invece, hanno dei legami “liberi” (come dei piccoli ganci chimici) a cui può attaccarsi l’ossigeno. È così che avviene l’ossidazione, quel processo che rende un grasso instabile, soprattutto se viene esposto al calore o alla luce. I polinsaturi (presenti per esempio negli oli di semi) sono invece i più fragili. Si ossidano facilmente e, ossidati o meno, sembrano causare danni anche a livello metabolico. Discorso a parte – conclude Bianchini – per i grassi trans che sono grassi insaturi che vengono trasformati chimicamente per farli assomigliare ai saturi, ma questo processo crea problemi ancora maggiori per la salute. La scienza sta puntando sempre di più il dito contro gli acidi grassi insaturi, soprattutto i polinsaturi, per il loro ruolo in condizioni come la sindrome metabolica e alcune patologie intestinali, compresi alcuni tumori. I grassi polinsaturi (olii di semi e di legumi) non devono esser consumati; i grassi monoinsaturi (olio EVO) usateli con parsimonia a crudo perché col calore si ossidano e vanno mantenuti al fresco e al buio perché sennò si ossidano”.