Paura per Dario Argento, ricoverato da ieri all’ospedale Anna Rizzoli di Ischia. Il regista romano, 85 anni, avrebbe avuto una crisi respiratoria causata da broncopneumopatia cronica ostruttiva, malattia di cui il maestro del brivido soffre da qualche tempo. Secondo quanto si legge sul portale dell’Istituto superiore di sanità (Iss), la broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) è una patologia dell’apparato respiratorio caratterizzata da un’ostruzione irreversibile delle vie aeree, di entità variabile a seconda della gravità.
Nota in inglese come Chronic obstructive pulmonary disease (Copd), la malattia è solitamente progressiva ed è associata a uno stato di infiammazione cronica del tessuto polmonare. La conseguenza a lungo termine è un vero e proprio rimodellamento dei bronchi, che provoca una riduzione consistente della capacità respiratoria.
Ad aggravare questo quadro clinico è l’aumento della predisposizione alle infezioni respiratorie di origine virale, batterica o fungina. Non esiste al momento una cura efficace, ma sono disponibili diversi trattamenti per controllare i sintomi e per evitare pericolose complicanze. Fondamentale è invece la prevenzione, per ridurre al minimo i fattori di rischio (fumo di sigaretta in primis).
Prima della diagnosi, i due sintomi principali della Bpco sono la tosse e la dispnea, qualche volta accompagnati da respiro sibilante. Spesso la tosse è cronica, più intensa al mattino e caratterizzata dalla produzione di muco. La dispnea compare gradualmente nell’arco di diversi anni e nei casi più gravi può arrivare a limitare le normali attività quotidiane.
In genere, sottolinea l’Istituto superiore di sanità, le persone affette da broncopneumopatia cronica ostruttiva sono soggette a infezioni croniche dell’apparato respiratorio, che occasionalmente provocano ricadute accompagnate da una sintomatologia aggravata. Con il progredire della malattia questi episodi tendono a divenire sempre più frequenti.
Il principale strumento diagnostico per la Bpco è la spirometria, che permette di misurare la capacità polmonare residua. La malattia è stata classificata in quattro diversi livelli di gravità, dallo stadio 0 allo stadio III: in quest’ultimo caso si è in presenza di una patologia severa caratterizzata da una forte riduzione della capacità respiratoria oppure dai segni clinici di insufficienza respiratoria o cardiaca.
L’Iss precisa che ad oggi non esiste una cura efficace per la Bpco che consenta di ripristinare la funzionalità respiratoria perduta. Esistono comunque tutta una serie di trattamenti per gestire la malattia e consentire di prevenire la progressione della malattia, ridurre i sintomi, migliorare la capacità sotto sforzo, migliorare lo stato di salute generale, prevenire e trattare le complicanze, prevenire e trattare l’aggravarsi della malattia e ridurre la mortalità.
I farmaci più indicati per la Bpco sono i broncodilatatori, somministrati per via inalatoria, che sono in grado di dilatare le vie aeree e garantire così il maggior flusso possibile di aria. In caso di forme gravi o acute, si possono usare antinfiammatori potenti come cortisone e suoi derivati, evitandone però l’uso prolungato a causa dei pesanti effetti collaterali. Ai pazienti si raccomanda anche di vaccinarsi regolarmente contro malattie come l’influenza o la polmonite da pneumococchi, che potrebbero aggravare una funzionalità polmonare già fortemente compromessa. Accanto ai farmaci, esistono altre possibilità terapeutiche, come per esempio l’ossigenoterapia, ovvero la somministrazione di ossigeno puro, e la ventilazione meccanica.
Numerosi i fattori di rischio. Tra quelli individuali, ci sono molti geni che si ritiene possano essere associati all’insorgenza della Bpco: al momento, i dati più significativi in proposito sono quelli relativi al deficit di alfa1-antitripsina, una condizione ereditaria piuttosto rara caratterizzata dalla carenza di questa proteina epatica che normalmente protegge i polmoni. Tra quelli ambientali, invece, numerosi studi indicano che il principale fattore di rischio per lo sviluppo della Bpco è il fumo di tabacco, in particolare quello di sigaretta (meno quello di sigaro e pipa).
Anche il fumo passivo può contribuire parzialmente allo sviluppo della malattia, poichè favorisce l’inalazione di gas e particolato. Gioca un ruolo determinante anche l’esposizione a polveri, sostanze chimiche, vapori o fumi irritanti all’interno dell’ambiente di lavoro, come ad esempio silice o cadmio.
Altri fattori di rischio, seppure meno influenti, associati allo sviluppo della Bpco sono l’inquinamento dell’aria: l’Istituto superiore di sanità evidenzia che non si tratta solo di quello atmosferico causato da smog e polveri sottili ma anche di quello presente all’interno degli ambienti chiusi, provocato dalle emissioni di stufe, apparecchi elettrici e impianti di aria condizionata.
Fonte Agenzia Dire










