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Dal Sannio alla Silicon Valley: il viaggio di Gianluca Iannotta che vuole umanizzare la tecnologia

Da Sant’Agata de’ Goti a una holding internazionale: Tublat, la startup italiana che punta a Menlo Park portando un modello d’impresa etico e mediterraneo nel cuore del tech mondiale.

Redazione Tgyou24.it Da Redazione Tgyou24.it
20 Ottobre 2025
In Curiosità, You Donna
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Dal Sannio alla Silicon Valley: il viaggio di Gianluca Iannotta che vuole umanizzare la tecnologia
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Quando nel 2018, da una piccola stanza di Sant’Agata de’ Goti, in provincia di Benevento, Gianluca Iannotta decise di dare vita a Tublat.com, nessuno avrebbe potuto immaginare dove quella scelta lo avrebbe portato. All’epoca era solo un giovane imprenditore con un sogno: rendere accessibili a tutti le opportunità del digitale, soprattutto alle piccole e medie imprese che troppo spesso restavano escluse per via dei costi proibitivi. Non aveva capitali, né una grande struttura alle spalle, ma possedeva qualcosa di molto più potente: la visione di un futuro in cui la tecnologia potesse essere alla portata di tutti, senza perdere il contatto con le persone.

A distanza di sette anni, quella visione è diventata una realtà globale. Oggi Tublat.com è cresciuta fino a trasformarsi in Tublat LTD, una holding con sedi internazionali a Londra, Toronto, Hong Kong, Gurgaon e Napoli. È un gruppo che porta nel mondo un modello d’impresa costruito sulla creatività italiana, sull’etica e sull’idea che l’innovazione debba servire l’uomo, non dominarlo. Ma per Gianluca Iannotta il viaggio non è finito: il prossimo grande passo è portare Tublat nel cuore della Silicon Valley, a Menlo Park, entro il 2026.

Non si tratta solo di aprire una nuova sede in America, ma di compiere un gesto simbolico: un’azienda nata nel Sud Italia che entra nel luogo per eccellenza dell’innovazione mondiale, dimostrando che anche da un piccolo paese campano si può arrivare a competere con i giganti del tech. “Non andiamo negli Stati Uniti per imitare qualcuno,” racconta Iannotta con la calma di chi ha le idee chiare. “Ci andiamo per portare un messaggio: si può fare impresa globale restando fedeli ai propri valori, alla propria umanità e alla propria identità culturale.”

Il sogno di Menlo Park è l’evoluzione naturale di un percorso iniziato con una missione precisa: democratizzare il digital marketing. Tublat ha rivoluzionato il mercato offrendo siti web, app e servizi social a prezzi contenuti, costruendo un ecosistema di professionisti e freelancer in grado di garantire alle PMI gli strumenti per competere nell’economia digitale. La formula si è rivelata vincente: un modello sostenibile, accessibile e scalabile che ha permesso a migliaia di aziende italiane di affacciarsi al mondo del digitale senza dover affrontare costi proibitivi.

Dietro il successo di Tublat c’è però un pensiero più profondo. Gianluca Iannotta non si è mai ispirato ai classici modelli americani della Silicon Valley, fatti di competizione spietata e produttività estrema. Al contrario, il suo punto di riferimento è una figura tutta italiana: Adriano Olivetti. “Olivetti aveva capito tutto prima di tutti,” spiega spesso Iannotta. “Aveva dimostrato che un’azienda può essere innovativa e competitiva, ma anche profondamente umana. È questo il mio modello: un’impresa che non vive solo per generare profitti, ma per creare benessere, cultura e opportunità.”

Non è un paragone retorico. Come Olivetti a Ivrea, anche Iannotta sogna un’azienda che unisca lavoro e vita, innovazione ed etica, tecnologia ed empatia. Per lui il successo non si misura soltanto nei numeri o nel fatturato, ma nella qualità delle relazioni costruite all’interno dell’azienda, nella felicità dei collaboratori e nell’impatto positivo che un progetto può avere sulla società. “La tecnologia deve servire le persone, non sostituirle,” ripete con convinzione. “Ogni progetto Tublat deve essere utile, accessibile e capace di migliorare davvero la vita di chi lo utilizza.”

Questa filosofia si riflette anche nel modo in cui è organizzata l’azienda. Dopo aver trascorso anni da dipendente, Gianluca ha scelto di costruire una struttura completamente diversa da quelle tradizionali. In Tublat non esistono gerarchie rigide, non ci sono scrivanie imposte o cartellini da timbrare. Il lavoro si basa sulla fiducia, sull’autonomia e sugli obiettivi. “Non voglio che i miei collaboratori passino otto ore davanti a uno schermo solo per rispettare un orario,” spiega. “Voglio che lavorino per risultati. Quando raggiungi l’obiettivo, la tua giornata è finita. Il tempo libero è vita, e un dipendente felice produce molto di più di uno stressato.”

Solo alcuni reparti, come il supporto clienti e l’assistenza, mantengono orari fissi per garantire continuità di servizio. Tutto il resto funziona in modo flessibile, adattandosi ai ritmi delle persone e non il contrario. È una visione radicale per il panorama italiano, dove ancora oggi il lavoro è spesso associato alla presenza fisica più che alla produttività effettiva. Ma per Iannotta è proprio questa libertà a stimolare la creatività e a rendere Tublat un laboratorio di idee.

Nei suoi uffici si respira un clima diverso: entusiasmo, collaborazione e una certa leggerezza. L’atmosfera è quella di una comunità più che di una semplice azienda. “In Tublat si lavora sorridendo,” dice spesso Gianluca. “La felicità non è un optional, è un vantaggio competitivo.” E non è solo uno slogan. È un approccio che rompe gli schemi, ma che sta dimostrando di funzionare: Tublat cresce, ma resta autentica.

La chiave del successo sta forse proprio in questa combinazione di empatia e innovazione. In un mondo tecnologico sempre più freddo e impersonale, dove l’intelligenza artificiale sembra voler sostituire tutto, Iannotta propone un modello opposto: usare la tecnologia per potenziare le persone, non per rimpiazzarle. “L’innovazione deve amplificare l’intelligenza umana, non cancellarla,” afferma. È un approccio che sta attirando l’attenzione anche all’estero, dove Tublat viene vista come un esempio di “umanesimo digitale”, un modo diverso di interpretare il progresso.

Nonostante la crescita internazionale, Gianluca non ha mai dimenticato le sue origini. Anzi, continua a guardare al Sud Italia come a una risorsa ancora inespressa. “L’Italia è piena di ragazzi talentuosi che non trovano spazio,” sottolinea. “Vorrei che Tublat diventasse una casa per loro, un trampolino per chi vuole costruire il proprio futuro senza dover scappare all’estero. Io credo ancora che il Sud possa essere una fucina di innovazione, basta crederci e investire nelle persone.”

Per questo, nel lungo periodo, sogna di realizzare in Italia un grande hub tecnologico Tublat, un centro dove creatività, ricerca e formazione possano convivere. Un luogo in cui giovani startup possano crescere in un ambiente stimolante, etico e sostenibile. Non è ancora un progetto immediato, ma è una promessa che racchiude la sua idea di futuro: restituire al Paese una parte di ciò che il mondo sta iniziando a riconoscergli.

Dal 2018 a oggi, Tublat ha registrato una crescita media del 300% l’anno, un dato impressionante per una realtà nata in provincia. L’espansione verso gli Stati Uniti rappresenta la prossima sfida, ma anche l’occasione per consolidare un modello d’impresa alternativo, fondato sull’umanità e sulla cultura mediterranea. L’apertura della sede di Menlo Park permetterà di stringere partnership con fondi di investimento e colossi tecnologici, ma soprattutto di portare nel cuore della Silicon Valley una visione diversa di impresa: non più ossessionata dai numeri, ma centrata sulle persone.

“Il nostro obiettivo per il 2026 è chiaro,” afferma Iannotta con orgoglio. “Vogliamo portare Tublat a Menlo Park, non per diventare una copia delle aziende americane, ma per dimostrare che un’impresa nata nel Sud Italia può sedersi al tavolo dei giganti e restare se stessa. Vogliamo costruire una Silicon Valley con il cuore mediterraneo.”

Nelle sue parole c’è la determinazione di chi non ha mai smesso di credere nei propri sogni, anche quando sembravano troppo grandi. La storia di Gianluca Iannotta è quella di un uomo che ha saputo trasformare le difficoltà in opportunità, unendo la passione per la tecnologia alla sensibilità umana di chi conosce il valore della fatica e della resilienza.

Tublat, prima ancora di essere un’impresa globale, è la dimostrazione concreta che anche dall’Italia, e persino da un piccolo centro del Sud, si può costruire qualcosa di grande, competitivo e rivoluzionario senza perdere l’autenticità. È la prova che il talento, quando incontra la visione e la tenacia, non ha confini.

E forse è proprio per questo che la storia di Gianluca Iannotta affascina così tanto: perché è una storia di sogni che diventano progetti, di idee che si trasformano in realtà, di un ragazzo del Sud che ha deciso di non accontentarsi e di riscrivere le regole del gioco, dimostrando che anche nel mondo dell’innovazione più spinta c’è ancora spazio per l’anima.

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