Giorgetti: aiuto a famiglie andati in risparmio
Unc: allora Governo cambi manovra iniqua
Salari non difesi da inflazione
Per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in conferenza stampa dopo il cdm, “le risorse che abbiamo messo a disposizione delle famiglie purtroppo a livello aggregato si sono tradotte in maggiori risparmi e non in maggiori consumi e questo non ha portato quell’effetto di retroazione che avevamo calcolato in termini di crescita, perché, perché le famiglie hanno paura“.
“Giusta l’analisi del ministro Giorgetti, sbagliata la conclusione! E’ vero che le risorse stanziate sono andate prevalentemente in risparmi e non in consumi, ma questo non solo e non tanto per la paura del futuro ma soprattutto perché il Governo ha dato soldi pure a chi non ne aveva bisogno e, quindi, anche a chi ha una minore propensione marginale al consumo” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
“Ecco perché Giorgetti dovrebbe trarre insegnamento da questo errore, non aggravare la situazione facendo una manovra iniqua ben peggiore rispetto a quella dello scorso anno, che comunque aveva reso strutturale il taglio del cuneo fiscale-contributivo, misura ottima che ora avrebbe dovuto potenziare, dato che non era bastata per ridare capacità di spesa alle famiglie e infondere fiducia. Quest’anno, viceversa, si peggiora e persevera nell’errore, dando sempre più soldi anche a chi non ne ha bisogno, ossia a chi guadagna 50 mila euro, ossia il doppio del reddito medio, con vantaggi fiscali persino per chi arriva a 200 mila euro. Ovvio che tutti quei soldi andranno in risparmio e non in consumi. Se invece si aiutasse solo il 30% meno benestante della popolazione, quello che non può permettersi una settimana di ferie in un anno, i soldi sarebbero tutti consumati” prosegue Dona.
“Quanto alla dichiarazione della Premier Meloni, che finalmente i salari hanno ripreso a crescere più dell’inflazione, si tratta solo di un’illusione ottica, per non dire di una bufala. La dinamica salariale di oggi, infatti, non va confrontata con l’inflazione di oggi, visto che il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto è pari a 24,9 mesi, ma con l’inflazione di 2 e 3 anni fa, ossia con il +8,1% del 2022 e il +5,7% del 2023. Si scopre così che i lavoratori continuano a perdere potere d’acquisto” conclude Dona.