Dopo il successo di Lucio Fontana spiegato a mia nonna: Perché i tagli sono opere d’arte, segnalato anche da Artribune, Davide Uria torna in libreria (anzi, su Amazon) con un nuovo titolo brillante e irriverente: Sopravvivere a un museo d’arte contemporanea. Dieci stanze, dieci artisti, dieci sopravvivenze possibili. Disponibile da oggi, 5 maggio 2025, in esclusiva su Amazon.
Nato in parallelo al primo libro ma maturato lungo un percorso più stratificato, questo nuovo volume si presenta come una guida semiseria e profonda per orientarsi nel labirinto – a volte esilarante, altre volte spiazzante – dell’arte contemporanea. Il museo immaginato da Uria è uno spazio da esplorare come una caccia al tesoro concettuale, un quiz esistenziale o, più semplicemente, un percorso a ostacoli dove il vero rischio è smettere di guardare.
Dieci stanze, dieci artisti: da Tania Bruguera a Marina Abramović, da Yayoi Kusama a Barbara Kruger, passando per altri nomi cardine della performance e dell’avanguardia visiva. Ogni capitolo è una porta aperta su un universo artistico, raccontato con linguaggio accessibile, ironico e mai banale. Uria non spiega, accompagna. Non semplifica, ma rende condivisibile. E mentre ci prende per mano nel museo, ci mostra che anche un estintore può sembrare un’opera, e che non tutto quello che appare “strano” è privo di senso.
Il risultato è un libro per chi entra nei musei con entusiasmo, per chi ci entra per sbaglio, per chi ci entra con diffidenza. Sopravvivere a un museo d’arte contemporanea è pensato per tutti: i curiosi, gli scettici, gli appassionati e soprattutto i disorientati. Perché l’arte contemporanea, lo sappiamo, può far paura. Ma anche ridere, pensare, cambiare prospettiva. E con questo libro sotto braccio, sopravvivere diventa più facile. Forse addirittura piacevole.
Ma Uria va oltre la semplice visita guidata. Il suo è anche un invito etico e politico a guardare davvero. Non solo le opere, ma anche le parole, le relazioni, il mondo. In un’epoca che premia la velocità e lo scroll continuo, fermarsi davanti a un’opera significa resistere alla superficialità, attribuire valore, accettare il dubbio. L’arte contemporanea, scrive l’autore, è una sfida: ci obbliga a non accontentarci di ciò che capiamo subito. È un invito a rallentare, osservare, sentire.
Uria ci ricorda che il valore nasce dalla cura: ogni opera, ogni parola, ogni relazione ha bisogno di tempo. E se l’arte ci appare incomprensibile, forse è proprio lì che vale la pena fermarsi di più. Perché comprendere l’arte – come comprendere l’altro – è un gesto d’amore e di impegno. Un esercizio di profondità, in un mondo che ha paura della profondità.
In definitiva, Sopravvivere a un museo d’arte contemporanea è molto più di un manuale ironico: è una piccola bussola per perdersi meglio. E, forse, per ritrovarsi davvero