Il treno mi portò nella stupenda città di Napoli il tragitto più breve per arrivare dalla Stazione a Piazza del Plebiscito, era prendere un mezzo veloce, tra il bus e il tassì scelsi il secondo mezzo più veloce e tranquillo nello stesso tempo e molto più comodo. In poco tempo, quasi dieci minuti, arrivai nella grandiosa Piazza del Plebiscito, che si fregia di un maestoso e celebre colonnato, che può essere paragonato al Panteon di Roma. In quello stesso luogo, trova posto la stupenda e ottocentesca Chiesa di San Francesco da Paola.La rapida visita in chiesa, fu l’occasione di notare un bambino, che nascondeva sotto la giacca, una statuina di natale, a dire il vero non mi fermai a guardare il bambino per quello, ma per i suoi capelli rossi molto vistosi e due stelle di occhi verdi smeraldo. La visita della chiesa ebbe termine, il piccolo seguì tranquillamente il folto gruppo di visitatori, i quali si fermarono nella piazza, ad ammirare la facciata della Cattedrale con la sua mole imponente, con il timpano posato sopra diverse colonne ioniche, a pianta circolare, per il suo spazio e per la sua magnificenza, la piazza è ancora oggi, uno dei luoghi più amato e frequentato, non solo dai Napoletani, ma anche da molti turisti, provenienti da tutto il mondo che spesso si ritrovano a guardarsi intorno sperduti, nella più grande piazza di questa bella città. Dopo molto tempo, ho avuto modo di conoscere la storia di una marachella e il piacere di conoscere il protagonista di persona. Appena fuori dalla chiesa il piccolo prese la rincorsa verso la sua casa, in un basso di Napoli, verso la vecchia marina, viveva una famiglia di pescatori lui Gennaro era il capobarca, non per l’età ma per l’esperienza accumulata dopo circa sessantacinque primavere trascorse solcando in largo e in lungo, il golfo di Napoli, in casa viveva ancora con quattro figli, dei dieci, nati da Maria e tutti erano ancora per fortuna presenti, l’ultimo figlio Filippo, aveva appena otto anni, ma era un vero ribelle, puntiglioso, capriccioso, una vera testa dura, che non riusciva mai a stare zitto o fermo. Tutti dicevano ai genitori: “Lo avete viziato molto,” quindi la colpa ricadeva sui genitori. Si era nei primi giorni del mese di dicembre e in tutte le case c’era il fermento, per la preparazione del presepe, approntarlo grande e perfetto, non era da tutti, doveva essere pronto prima del giorno quindici. In ogni casa, il presepe doveva essere il punto centrale della camera grande, perché il giorno quindici dicembre iniziava la novena del Santo Natale, sia gli adulti, che i bambini cercavano di trovare nei negozi le statuine più belle e le più sfiziose le più strane e colorate.
Il piccolo Filippo, aveva girato quasi tutti i venditori di statuine inutilmente, a lui serviva un Gesù Bambino piuttosto grande per inserirlo nel presepe, che papà Gennaro, aveva preparato in casa, che copriva quasi la metà della stanza, tutto era stato preparato sul tavolo grande. Le statuine di media altezza facevano sfoggio nello spiazzo antistante la Grotta, che era quasi coperta da un grande ramo di pino, il quale creava la giusta ombra sulla capanna dove il bue e l’asinello aspettavano la venuta del piccolo Gesù Bambino. A Filippo, non piaceva un Gesù piccolo, lo voleva grande come quello, che aveva visto per la prima volta in chiesa. Terminati i compiti, il ragazzo si era avviato verso la chiesa di San Francesco, presso l’ingresso trovò il parroco Don Michele Gonnella, che lo interpellò: “Filippo dove vai, fermati qui con me. Anzi non andare in chiesa gli operai stanno lavorando, per approntare la base del presepe, che questa volta, sarà molto più grande, dell’ anno scorso”.
Filippo a quelle parole cercò di entrare in chiesa, ma gli operai impedirono l’ingresso dicendo, che stavano sistemando un super albero di pino, dove avrebbero attaccato le luci per illuminare il grande presepe. Filippo rimase a gironzolare per la chiesa guardando issare il grande albero con mille piccole luci colorate che illuminavano l’intero angolo dov’era posto il presepe. Poco lontano da lui, vide scatole colme di pastori, lavandaie, pifferai, zampognari, statuine pronte per essere inserite degnamente nel presepe, poi due Bambinelli uno vestito di bianco e l’altro in rosso, prese quello in rosso aprì la giacca e lo avvolse nella sua camicia e piano guadagnò l’uscio della chiesa insieme al nostro gruppo di visitatori. Una corsa veloce, lo catapultò nella sua casa quasi cadendo come pera cotta, tra le braccia della madre la quale lo fermò prima che toccasse con la fronte il pavimento. Filippo ansando disse alla madre, che il parroco Don Michele, gli aveva prestato un suo Bambinello e che lui per paura di romperlo lo aveva nascosto ravvolto nella camicia di flanella, così dicendo srotolando la camicia, venne fuori un bel bambinello con il camice rosso. La madre rimase incantata, quel bambinello era proprio bello aveva riccioli dorati, occhi azzurri, e poi stava proprio bene nel presepe di casa, dopo averlo sistemato nella grande culla, disse, che per ringraziare don Michele, lo avrebbero chiamato in casa per dare una benedizione solenne alla loro casa e al presepe. A quelle parole della madre, Filippo preferì correre a letto, ma non per dormire, era dibattuto tra l’azione di aver preso il Bambinello e la bugia detta alla madre. Durante la notte non prese sonno il suo pensiero era al Bambinello e all’azione fatta nei confronti di Don Michele. Il giorno dopo, Filippo aveva la febbre alta, per aver preso freddo percorrendo di corsa la Piazza, quando era arrivato a casa, bagnato da un sudore freddo, nello stesso tempo smaniava dicendo, che aveva rubato il Bambinello a Don Michele. Fu chiamato il medico che diagnosticò bronchite, il padre di Filippo il capobarca Gennaro andò dal parroco per conoscere la verità, don Michele rispose, che quell’azione del bimbo, era solo una birichinata, fatta da un ragazzo di quell’età, che non avrebbe sporto denuncia contro nessuno, aggiungendo benevolmente: ” Siamo a Natale, Gennaro vai a casa dal tuo piccolo”.
Anna Sciacovelli