AncestraIi colori dell’Anima
Nazareno Rocchetti nasce a Filottano (AN) il 6 gennaio 1947.
Fisioterapista della Nazionale Italiana di Atletica Leggera. Tra i suoi atleti Mennea, Simeoni, Dorio,Trillini, Bordin,Vezzali ed altri.
Per anni si dedica all’arte prima scultura e dopo l’incontro con Josè Guevara in Italia , inizia la sua attività di “artista del fuoco”.
Per Nazareno Rocchetti tutti i colori dell’anima, si dispiegano attraverso un lungo percorso scenico, quasi una costante e rinnovata presenza d’immagini, consegnandoci una teoria di visioni la cui vitalità, non è mai una semplice raffigurazione, ma diventa una continua sussunzione dell’oggetto, nell’ambito della sfera simbolica.
L’oggettualità consente all’artista, di mantenere irrinunciabile il contatto con la storia nel bisogno irrimediabile, di ottenere dal suo lavoro una personale fondazione oggettiva.
L’oggetto, diventa il fondamento organico di una pratica pittorica, che non può essere derubricato, ma diventa il profilo del radicamento storico, entro la perimetrazione solida e discorsiva delle opere dell’artista.
Nazareno Rocchetti, sente il continuo pulsare degli avvenimenti attraverso l’esecuzione delle sue opere e di tutto ciò che fissa sulle tele con rapidi segni grafici avvalorati dalla stesura del colore.
Segni e colori che denotano forza di concentrazione e da tutto questo emerge un intimo riserbo, che fa parte integrante della sua interiore vitalità.
Nelle sue encomiabili opere, non manca mai la squillante nota del rosso, colore che sente in primis intimamente per quel senso di crescente vitalità che moltiplica in lui quella situazione umana che forma il suo credo artistico e spirituale, sollecitato da sani intendimenti culturali di gioia di vivere.
In alcune sue ultime opere, anche se manca fisicamente la figura umana, si sente e si avverte, attraverso le piccole cose, vuoi per un’esistente realtà o per un lavoro di memoria, eseguito nella più autentica significazione umana, con l’ausilio della personale tavolozza.
Nazareno lascia sulla tela i segni registrati “con fin troppa diligenza pittorica”, confermandoci identità sociale, che lo tiene costantemente legato alla sua terra natia.
Una pittura, quindi, nata e cresciuta con la personale coscienza della propria maturità, in una provincia dove ancora non si sono insediati quei turbamenti e quelle insulse innovazioni avanguardistiche, che ledono il credo personale di un uomo e che generano nella comunità, solo sfacelo e confusione.
Lo Zenit Artistico Di Valeria Vitulli
E’ il Marmo bianco di Carrara, che evidenzia la materia, nell’attimo lirico e raro, in cui l’ispirazione, la tecnica e l’amore per la natura vibrano in sintonia con il taglio perfetto del marmo.
La giovane scultrice Valeria Vitulli, nativa di Larino sin da piccola scopre un piano di lavoro, diverso dal solito, non ama le bambole, ma spesso seguendo e ascoltando i discorsi del proprio padre muratore , visiona e scopre un campo di bianco marmo, nella grande ed accorsata marmeria , del padre.
Di soppiatto, lo guarda lo ammira lo palpa, lo rimira e solitamente gioca tra i tanti piccoli tasselli tagliati, poi si prova e si cimenta a toccare e rimirare prima con mano incerta, poi con la sua mente elabora e formalizza, che cosa è possibile fare con quel bianco elemento, freddo e per lei estraneo.
I suoi viaggi verso le cave, la rendono unica, inizia a trovare pietre di dimensioni uguali tra loro e quasi dello stesso peso, inizia così il gioco delle cinque pietre, che ne tempo a furia di usarle vengono levigate dalla sue piccole mani. Il tempo passa inesorabile e la piccola cerca di approfondire la sua conoscenza con la materia prima, il marmo tagliato al sole brilla, lei sorride immaginando un taglio a diamante che farebbe brillare la pietra di marmo mille volte di più.
Inizia a viaggiare per conoscere meglio la materia, il suo lavoro e la ricerca la rendono unica, tanto da somigliare più a un ragazzo di bottega, che a una fine giovanetta di città.
L’artista Valeria Vitulli, si ritrova a cercare pietre particolari nelle discariche del vecchio marmo, tra gli scogli e le pietre del mare o sulla battigia, è capace di collegare universi e mondi paralleli atemporali e invisibili, nel vero senso della parola.
La scultrice Valeria Vitulli è capace di restituirci una immagine vivida e pregnante della realtà della vita così come è vissuta, dalla nostra esperienza, di un mondo, non fatto di ombre e di fiati illusori ed effimeri, ma di cose, di cose concrete, di cui l’artista non ci propone l’icona ideale, ma la traccia organica del presente.
“Il disegno, la scultura e la pittura sono forme di espressioni tradizionali, ma originarie, quindi anche del futuro”. Certo non si può concepire il futuro senza la conoscenza del passato”.
Il suo personale vissuto, lo si legge nelle opere che vengono realizzate nel tempo e che integrano il suo vissuto quasi quotidianamente , in un percorso che trascende l’immediatezza della cronaca stagliandosi nella profilatura di un tempo che non è evanescente come il presente.
Detto in parole povere non si può costruire niente sul vuoto e nel vuoto.
Dobbiamo credere fermamente al valore della trasmissione dell’incomparabile ricchezza delle culture, che si succedono nel tempo e si sviluppano in parallelo nello spazio.
I percorsi figurativi di Valeria Vitulli ottengono, in tal modo di farsi schegge di storia o screpolature del suo apparente tessuto coriacero, un manto, quasi di marmo, inaccessibile e inalienabile.
A mio modesto avviso l’arte in genere, è una continua passeggiata senza lunghe fermate, che si riducono a semplici tappe di vita vera.
Anna Sciacovelli