Da Monopoli a Putignano percorrendo la via Traiana, il ricordo dei crociati e le reliquie di Santo Stefano, quando si cita il protomartire riviene alla mente il monastero fortezza, che si trova a meno di 5 kilometri a sud di Monopoli. Tutto rannicchiato attorno alla sua cupola ottagonale da sempre in bilico tra il gelido mare di Porto Ghiacciolo e un’ampia cala di finissima sabbia che sembra voler raccontare ai residenti del tempo in cui fu un monastero rinomato dei Benedettini e scriptorium, dove venivano ricopiati a mano gli antichi libri da tramandare ai posteri.
Una scoperta di monsignor Graziano Bellifemmine, che nella Biblioteca Nazionale di Parigi, trovò tempo addietro un documento che menzionava il castello di Santo Stefano dal 1175 ebbe potestà arcivescovile come le notissime badesse di San Benedetto di Conversano, con podestà di mitra e pastorale.
Nelle due cale, che affiancano la struttura, oggi ben tenuta dall’attuale proprietario, Mario De Bellis, i monaci riscuotevano lo jus ancoraggi.
Bisognava pagar loro un tributo, se si voleva dar fondo all’ancora.
Da queste parti, navi ne sono passate di certo dirette a Oriente e in Terrasanta. Tante quanti sono i bagnanti estivi che, quando il sole picchia, cingono pacificamente d’assedio il maniero.
Non fu così nel 1313, quando ormai i cavalieri gerosolimitani, scacciarono i monaci e fecero dell’abbazia una loro commenda.
Fu l’epilogo di orribili storie di delitti e soprusi, che portarono Filippo di Putignano e Giacomo Crudo a denunciare l’abate Matteo, già reo di simonia (commercio di beni spirituali) alle autorità ecclesiastiche.
Giacomo morì misteriosamente e il castello accusatorio fu archiviato. Storie vere degne di un romanzo noto pari a quello denominato “Il nome della Rosa” , il castello in muratura, invece resiste al tempo e alla salsedine . da qui vennero traslate in Putignano le reliquie di Santo Stefano che i gerosolimitani avevano portato dallaTerrasanta. Volevano così metterle al riparo e le portarono nell’entroterra, in Putignano, nella chiesa dell’abazia di Santa Maria la Greca. Era il 26 dicembre festa di Santo Stefano e per la prima iniziò la Propaggine della storia del Carnevale di Putignano.
Alcune vicende legano Federico II di Svevia al territorio di Putignano. Un giorno, una battuta di caccia, spinse Federico II, oltre il proprio territorio di Gioia del Colle, spesso soggiornava in quella città, dove aveva un feudo abitativo, entrando nel territorio di Monopoli i frati benedettini vietarono a Federico di proseguire verso la città di Putignano, perché in combutta con il Papa, i cittadini appoggiati dai benedettini vietarono l’ingresso all’imperatore.
Federico, decise di distruggere la città di Putignano, oggi non vi sono tracce, ne del Castello, e nemmeno della cinta muraria dell’antica città.
Anna Sciacovelli