Il peso della cartella a tracolla lasciava il segno sulla spalla destra, spesso Erminio, dai famigliari chiamato Ermo per abbreviarne il nome.
Ermo, spesso doveva fermarsi lungo il tragitto, che percorreva da casa a scuola, per sistemare meglio la sua pesante cartella, che conteneva libri di quarta classe elementare.
La scaricava sul marciapiede e si fermava per qualche minuto, massaggiandosi alacremente la spalla, poi riprendeva il suo fardello e continuava il solito percorso, spesso in piazza incontrava un cane dal manto completamente nero, strano ma vero la sua coda era una macchia bianca, che lo seguiva soltanto per qualche isolato, poi andava via verso una stradina laterale.
L’edificio scolastico era distante circa un kilometro dalla sua casa. Un giorno, si era alla fine del secondo trimestre, quando Ermo si ammalò di tifo e smise di andare a scuola, dopo cinque giorni, tutti notarono un cane che si fermava vicino alla casa di Ermo, si accucciava e restava tutta la mattina in attesa ma di chi? Di che cosa? Si domandava la gente?
La degenza di Ermo, si prolungava il dottore si recava ogni due giorni a casa del giovane malato, ma anche con le cure e le tante medicine, che Ermo ingoiava, il suo male, non riusciva a regredire.
I genitori decisero allora di portarlo in ospedale e così fecero, Ermo, prima fu visitato da un primario e poi sistemato in corsia, dietro un paravento di tela bianca che lo isolava dagli altri malati.
Era tifo, malattia infettiva e contagiosa, all’epoca era una delle tante cause di decesso, quindi l’isolamento era d’obbligo.
In tutto questo via vai, all’ingresso del nosocomio sostava spesso un cane, al quale quasi tutti facevano una carezza, oppure portavano del cibo e acqua per dissetarlo, era lo stesso, che seguiva Ermo, quando andava a scuola nel grande edificio Scolastico.
Trascorse un mese da quel ricovero, finalmente la febbre era diventata una febbricola costante, ma questo stato di cose, non piaceva per niente al primario, finalmente con il bel tempo, la febbricola sparì e dal volto del ragazzo era sparito quel brutto colore della malattia.
Ermo, non vedeva l’ora di tornare a scuola dai suoi amici e dal suo insegnante, aveva trascorso circa quaranta giorni in un letto d’ospedale, ora con il sole voleva camminare e incontrare i suoi amici, giocare a pallone incontrare quel cane, con il quale senza conoscersi, si era instaurata una vera amicizia, pensava con rammarico, di dover ripetere l’anno e già si disperava.
Tornato a casa, la prima cosa che vide fu il cane, Codabianca, che fermo accanto al portone della sua casa scodinzolava felice, come il primo giorno che lo conobbe. Nel suo letto d’ospedale spesso aveva pensato a Codabianca e non vedeva l’ora di ritrovarlo al solito angolo.
Ermo, riprese la scuola accompagnandosi ogni giorno con Codabianca, che si fermava fuori dall’Edificio scolastico scodinzolando felice, per il ritorno del suo giovane amico.
Riprese la scuola e alla fine dell’anno scolastico fu promosso in quinta classe, al padre aveva chiesto un regalo segreto, lo doveva svelare quando aveva certezza della promozione, giunse la fine dell’anno scolastico, voleva con il permesso del padre, far entrare il cane Codabianca in casa, come normale compagno di giochi e con il quale ogni giorno condivideva la sua colazione, i genitori acconsentirono a questo suo desiderio e da quel giorno questa coppia di strani amici che girava per il quartiere, era invidiata da tutti.
Anna Sciacovelli