Piove a dirotto, il maestrale rumoreggia, folate di aria fredda s’intrufolano nei vicoli della vecchia città, l’ululato del vento fa paura, alcune lampade scosse dal vento, hanno segni di vetri filati, ma resistono ancora illuminando portoni bui e incroci di strade larghe verso il mare.
Uno splendido palazzo, si staglia nell’oscurità della sera è al gioco altalenante delle lampade, che non reggono quasi più il turbinio continuo del vento.
Un palazzo stile veneziano, mi fermo per un istante a guardarlo meglio, ma la pioggia e il vento mi fanno desistere, verrò domani a visitarlo, mi riprometto, e vado di corsa a casa.
La notte, ho sognato quel palazzo. La facciata, rivolta verso Mezzogiorno, è strutturata in cinque arcate ogivali, chiuse alle due estremità, da due torri, che sono sormontate da cupole, finemente decorate con mosaici a foglie d’oro, raffiguranti il “Sol Levante”.
Quattro medaglioni a mosaico policromo, con il vecchio stemma della città di Bari, il mitico fondatore della città “Barium”, e lo stemma personale di Lecce da cui proviene la famiglia Fizzarotti.
Una scritta provocatoria, vicino allo stemma personale della città di Lecce, e lo stemma personale di Emanuele Fizzarotti, questo lo scritto: “Quamquam fractae vulnerant”, (Malgrado siano rotte feriscono ancora).
I balconi, le finestre trifore e bifore, sono in pietra merlettata come tutta la facciata. Quest’ultima manifesta un armonioso contrasto tra la compatta ma, semplice pietra e le linee degli archi a sesto acuto, che insieme ai pilastri in rilievo, con relativo basamento e capitelli, incorniciano tre livelli di finestre bifore rastremate, a salire nella loro luce. La stessa cosa dicasi, per la luce delle arcate ogivali, snellite, dalle slanciate torri laterali.
Un effetto ottico, di prospetto complessivo accattivante. La sua fisionomia, di sera acquista una espressione intima, di giorno invece, la luce del sole offre delicate trasparenze quasi cerca di dare un valore in più, alla preziosità esteriore al magnifico edificio.
Palazzo Fizzarotti, rappresenta la testimonianza superstite dell’epoca d’oro della Serenissima, alla quale Bari è legata da millenni. Non meravigliamoci, se nel cuore della notte vedrete spalancarsi le finestre centrali del primo piano e apparire al balcone il bravissimo tenore Francesco Tamagno, attorniato dai suoi seguaci, con torce accese, arrampicarsi sulle vette dell’impervio Esultate.
E con i fantasmi, riappaiono quelli che appartennero a un’epoca romantica contribuendo a rendere adulta la città di Bari, che faticosamente cercava di ricoprire il ruolo da protagonista, spogliandosi da quello di semplice comparsa.
In uno scenario piatto e uniforme dettato dagli statuti Murattiani, Fizzarotti dette il do di petto del tenore attorniato dai suoi coristi.
Emanuele Fizzarotti, acquista un vecchio fabbricato e lo trasforma in un palazzo ricamato, splendido esemplare, non valutato abbastanza per l’importante funzione che potrebbe esplicare, nell’accogliere nelle sue principesche sale, ospiti di riguardo, dando adeguato risalto, ad avvenimenti di rilievo.
Un lungimirante e fattivo leccese, nel 1907, pose alla mano di una semplice e ritrosa Bari, un vero anello con diamante, che potrebbe tornare a splendere, per allontanare la grumosa ruggine, dall’attivissima città di Bari.
Anna Sciacovelli