Mostra un seno nudo,
Nata a Prato il 7 settembre nel 1915, figlia di un capostazione della stessa città, cresciuta si può dire modestamente, intrecciando cappelli di paglia.
Per due volte Clara Calamai, sfiora lo scandalo nella sua lunga carriera.
Debutta nel cinema con Alessandro Blasetti, che nel 1938, le affida il ruolo di Fulvia in“Ettore Fieramosca”, Clara ha appena ventitré anni, una bella presenza, un ovale perfetto, una grazia innata e porta benissimo il costume da bagno.
Nel 1941 quando nella “Cena delle beffe” di Blasetti, mostra Clara nella scena, per un solo attimo mostra il primo seno nudo, del cinema italiano. Nel 1943, quando girò “Ossessione” di Luchino Visconti, di cui era protagonista, comincia il suo tormentato itinerario nelle sale di proiezione, scatenando innumerevoli reazioni censorie per la forza con cui rompe la tradizione calligrafica del cinema fascista, dipingendo un mondo povero misero e senza speranza.
Lei Clara, era stata chiamata a sostituire in quel film con cui tradizionalmente si fa iniziare il neorealismo, Anna Magnani, perché in attesa di un figlio e costretta a rinunciare al ruolo affidatale.
Nei dodici film, che la Calamai girerà fra il 1938 e il 1943, soltanto in due saranno in panni moderni: “L’avventuriera del piano di sopra, ” di Raffaello Matarazzo, e “Luce nelle tenebre” di Mario Mattioli. Il resto è un tripudio di busti, guardinfanti, strascichi e trine. Per film che s’intitolano di volta in volta “Il Fornaretto di Venezia”, “Boccaccio”, “Capitan Fracassa”, “Caravaggio”, “Il pittore Maledetto”. La Calamai è un’attrice perfettamente congrua al cinema del ventennio, pronta a farsi guidare da registi di cui si fida, ma sempre molto attenda alla propria immagine di diva levigata. Si fida molto di Alessandro Blasetti, accetta di mostrare il seno, causando il primo divieto ai minori di sedici anni e scatenando le invidie delle altre dive del momento.
Con Visconti, che è alla sua opera prima, la Calamai oppone qualche resistenza: in proiezione, stentando a riconoscersi nei panni della popolana scarmigliata e passionale in cui il regista l’ha trasformata con l’aiuto del truccatore Alberto De Rossi, l’attrice scoppia a piangere.
Al termine del film si rende conto di aver preso parte a un capolavoro che determinerà una profonda mutazione del modo di fare cinema, la Calamai non riesce a far propria fino in fondo la lezione di Visconti. Spaventata dalla pochezza dei finanziamenti e dalla lavorazione avventurosa ed estenuante, dice di no a Roberto Rossellini che le propone “Roma Città Aperta” lasciando il ruolo di Pina ad Anna Magnani, scegliendo “Due lettere anonime” di Mario Camerini.
La storia di una partigiana il cui amante, è un collaborazionista. Un film ben fatto, che la Calamai interpreta con convinzione ed efficacia che è assieme a “Agnese, va a morire”. L’unico ritratto femminile a tutto tondo sulla resistenza, ma non ha la forza dirompente del cinema di Visconti o di Rossellini. Eppure la Calamai non sembra avere rimpianti: nel 1946 sposa il conte Leonardo Bonzi, Ufficiale pilota, che diverrà nel 1949, trasvolatore atlantico, e per molti anni Clara non pensa più al cinema.
Nel 1957, ormai separata dal marito, torna a recitare con Visconti né “Le notti bianche”, dieci anni dopo, Visconti le offre una piccola parte, – poi sacrificata in fase di montaggio nell’episodio “la strega bruciata viva” nel film “Le streghe”.
Dario Argento, nel 1975, la chiamò per una scena del film “Profondo Rosso”, definito da Paolo Mereghetti, “un attacco deliberato ai nervi dell’ ignaro spettatore”.
Un film in cui, il volto della Calamai, è la chiave di volta, di tutto il mistero. Poi silenzio totale fino a quando il 21 settembre del 1998 da Rimini, giunse la ferale notizia della sua morte.
Anna Sciacovelli