Là dove scorrevano le acque impetuose della Masinata, dell’impetuoso e travolgente torrente, oggi rimane solo un antico letto o canale deviatore delle alluvioni, che spesso funestavano la città di Bari, nei secoli scorsi.
La colpa dell’immane sciagura è addebitabile all’uomo, che negli anni precedenti gli stessi costruirono, con imprudenza e buona dose d’incoscienza, fabbricati di ogni genere, che avevano finito per alterare, il sistema idrografico.
Questa la causa della catastrofe, per Bari prima della costruzione del canalone, era stata esposta al terminale dei torrenti alluvionali che scendevano dalla Murgia. Il passato ne era testimone, prima che la città iniziasse a espandersi, in altre parole verso il 1815, le acque avevano il loro deflusso, nel letto dei vecchi torrenti, la loro larghezza andava approssimativamente, dall’attuale mercato generale fino al palazzo delle finanze.
Questa foce elastica, aveva la parte più depressa a “Pennàcchiè”, dal nome di un brigante, che fu fucilato in quella zona ora denominata “La mosce”, dal nome di una locandiera “dal viso butterato dal vaiolo” specializzata per i suoi involtini, di carne di cavallo.
Fin dal 1200, si era pensato di bonificare la zona, c’era un progetto ambizioso patrocinato da Isabella d’Aragona, che non ebbe seguito per cause diverse. Il canale fu costruito nel corso degli anni 1920, per ovviare a tali disastrosi inconvenienti. La più antica alluvione di cui si conserva memoria è quella del 2 ottobre 1567, la quale travolse tutte le opere realizzate alcuni decenni prima, dalla Duchessa Isabella d’Aragona, nell’intento di trasformare la città di Bari in un’isola, con la costruzione di un grande canale navigabile tutto intorno all’abitato.
In aggiunta a quella, ve ne furono delle altre non meno spaventevoli del 1810 e il 27 settembre del 1827, della quale sono sopravvissuti scarsissimi ricordi. Danni realmente considerevoli alla città si ebbero nell’anno 1905, del 1915, e nel 1926.
La cronistoria di tali luttuose giornate, raccontate a foschi colori e non commosse parole, negli atti deliberativi del Comune, se ne fece solo cenno per commemorare le numerose vittime.
Il tutto, sintetizzato abbastanza efficacemente in alcune targhe, fatte affiggere dalla pubblica amministrazione su vari palazzi, dei quali qualcuna ancora esistente e leggibile, per ricordare ai posteri, che dal 23 febbraio al 3 marzo del 1905, l’acqua raggiunse l’altezza di 200 centimetri sul livello stradale, che il 3 settembre 1915, questa fu di centimetri 30, e il 6 novembre 1926 arrivò alzò sino a 80 cm.
In merito al toponimo in questione, va osservato, che lo stesso è molto antico, nell’eccezione di Lama Senape, il quale altro non significa, che Torrente Lama, perché attraversava la terra dei Senapi (probabilmente una famiglia proprietaria della terra). La prima menzione del nome, si trova in un documento (Codice Diplomatico Barese) datato 1031, se ne parla anche nel Codice Diplomatico Pugliese, il quale dichiara, che si trovava in Strada Santa Maria del deserto e di Luciniano.
Si trova anche in un documento del 1319 e in un altro atto pergamenato del 1410. Troviamo altre notizie, in diversi protocolli notarili ad esempio, notaio Giovanni Giuseppe Moreno, 10 marzo del 1680, che lo individua, lungo la via per Modugno. A questo toponimo è forse collegabile quello della vicina via Messenape, in cui non è difficile ravvisare una deformazione del nome Lama Senape.
Anna Sciacovelli