Non tutti potevano vantare la ricchezza di Marcello Marcanti, che in poco tempo aveva avuto una fortuna inaudita, accumulando innumerevoli beni mobili e immobili. In paese, tutti lo riteneva un uomo superiore, dotato di virtù elette, quasi sovrannaturali per il fiuto che dimostrava negli affari.
Solo Antonio il vecchio cocchiere di casa Marcanti, aveva sempre avuto un tarlo sulla bontà del padrone. Qualche volta il suo viso mostrava una smorfia di dolore quando un compaesano si piegava in due per salutare il padrone o quando-incontrandolo assai spesso gli cedeva il passo quasi venerandolo. Dopo la morte di donna Amalia, la padrona, Antonio era stato suo malgrado messo in pensione, anche se continuava ad abitare in una dependance non molto distante dalla casa padronale. Il vecchio dal canto suo, non riusciva ad abituarsi al proprio stato di pensionato e in più occasioni prestava la propria opera alle spalle del padrone. Da giovane Don Marcello aveva viaggiato per mare e per monti ma nè parenti né amici avevano avuto modo di sapere i luoghi e i motivi di queste lunghe assenze dal paese. Rimasto solo con la sua unica e bellissima figlia, per la quale aspirava a un matrimonio che avrebbe dovuto accrescere il proprio prestigio, Don Marcello cercava in tutti i modi di presentare Clelia ai giovani che capitavano in paese spendendo un mucchio di soldi per le feste alle quali invitava selettivamente alcuni nomi.
A Clelia del resto non mancavano le occasioni di apprendere dai professori del paese le varie discipline Ma Don Marcello li mortificavano, assai spesso non potendo, peraltro, addolcirli come voleva. Anzi molti di questi avevano pregato più volte don Marcello di ritirare propria figlia da scuola perché faceva spendere fiato a tutti senza sforzarsi di tenere a mente nulla. Non erano valsi a mutare la loro opinione o ad addolcire l’amaro in bocca, salumi e formaggi diversi distribuiti sotto le feste natalizie e quelle pasquali. Clelia diceva non sapeva che farsene dello studio e dei professori perché il suo cervello non voleva apprendere alcun insegnamento respingendo ogni logica di questo mondo.
Un giorno entrando in biblioteca, dove era raccolta una ricca collezione di preziosi volumi, la ragazza sentì uno strano scricchiolio che proveniva dai libri, le sembrò di udire i filugelli che rodono le foglie di gelso nel periodo più intenso della loro maturità Spaventata dagli strani rumori, fuggì subito ricordando le storie delle anime defunte, che il vecchio cocchiere Antonio, spesso narrava nei lunghi giorni d’inverno quando ancora ragazza, con il fuoco acceso nel camino, lei sedeva sul tappeto e scartando gianduiotti, in silenzio seguiva il racconto. Cos’era quel rumore? Forse le anime degli scrittori ammucchiati in quei vecchi scaffali, che annoiati si scuotevano di dosso il lungo silenzio, strappando le parole dalle antiche pergamene? Clelia decise di non proseguire gli studi e grazie al proprio ascendente sul padre gettò i libri nel grande bidone del cortile, su di un quaderno sommò tutti i palazzi terreni e le proprietà che alla morte del padre sarebbero passate a lei. Don Marcello Marcanti rimase avvilito e scornato si era già immaginata una figlia laureata e accasata con il figlio del farmacista Antonio Maiello, unico dottore del paese, famiglia per benestante dalla cui unione le ricchezze si sarebbe potute raddoppiare.
Questo dolore, lo portò ben preso alla morte, tutti dissero, che era morto di un male oscuro, compreso il vecchio cocchiere Antonio, forse l’unico, a versare due lacrime per lui. Era passato appena qualche mese dalla morte di don Marcello, che Clelia sentitasi da subito padrona, della notevole eredità, iniziarono ad accusare un certo peso, una certa spossatezza nelle ossa, una sorta di un nuovo malessere che la tormentava. Il suo carattere da gaio, era divenuto cupo e strano, in tutto il paese non si parlava d’altro che di questo repentino cambiamento, una vera e propria metamorfosi, della signorina Clelia.
Dal canto suo la ragazza, aveva iniziato a regalare gran parte della proprietà alla gente povera, girava per casa guardando con occhi assenti, ninnoli vasellame, piatti d’argento. Un giorno chiamò il vecchio e fedele Antonio, e gli donò i vecchi candelieri d’argento. Sulle prime il vecchio rimase senza parole ma poi, stringendo a sé i candelieri si diresse di corsa alle scale del palazzo piangendo per la povera Clelia.
Una sera, la ragazza sfinita per il continuo andare per casa, si rifugiò nello studio dei suoi avi adagiandosi su uno scanno di cuoio antico che sotto il suo peso scricchiolò paurosamente. Si guardava intorno quasi a salutare per sempre quelle pareti coperte di volumi pregiati e pergamene preziose e a un tratto, udì un sordo rumore provocato dai tarli che continuavano a mangiare libri. Mentre la ragazza abbandonava le briglie sciolte sulle spalle della memoria, inavvertitamente la sua mano fece scattare una piccola molla nascosta sotto il ripiano della scrivania che si aprì silenziosamente, scoprendo un nascondiglio, da cui venne fuori un piccolo diario, ricoperto di juta tutto sporco e unto per l’uso. Lo aprì e lesse la data, “1860” scritta di pugno da suo padre che proprio in quell’anno, era emigrato in Australia in cerca di fortuna. Sul diario, evidente i segni del tempo e dei tarli, su quelle pagine Clelia lesse, da cosa proveniva la sua attuale ricchezza. In gioventù suo padre si era recato con un amico prima in America poi in Canada, in cerca di lavoro per la costruzione di dighe, lunghe le rive del fiume Hudson, alla ricerca dell’oro e infine nelle miniere di diamanti in Australia. Un giorno salendo dalla miniera con il montacarichi, trovò in una vecchia mastella un sacchetto di pelle pieno di smeraldi il lucore di quelle pietre ebbe l’effetto di una vera ubriacatura tanto da fargli dimenticare l’amicizia con Giuseppe Zazza, con il quale aveva condiviso tante fatiche e affrontato tante peripezie. Per evitare di dividere con lui quel tesoro miracolosamente trovato, cercò ogni pretesto per litigare tanto che un giorno arrivò alle mani, Marcello Marcanti con un sasso uccise l’amico. La morte, tardò a chiudere gli occhi allo sfortunato compagno, il quale, con un colpo di badile alla gamba, gli spezzò la tibia, facendone fuoriuscire del midollo osseo, che infettandosi, aveva dato origine a una forma di leucemia, causa della morte. Dopo la lettura del diario, Clelia prese il mantello e uscì per sempre dalla casa senza dire nulla a nessuno. In paese si dice ancor oggi, che sotto le vesti di una giovane zingara, si nasconda la bellissima Clelia Marcanti, che di casa in casa, va chiedendo l’elemosina per scontare il delitto del padre.
Anna Sciacovelli