Sulla sedia buona del salotto, era proibito sedersi si rovinava il velluto e non si poteva coprire perché il velluto doveva respirare, queste erano le fisime della mia bisnonna, guai a trasgredire quest’ordine da parte dei nipoti e pronipoti. Il Salotto buono, era tutto in velluto rosso solo la grande poltrona, era di colore blu, su quella poltrona la bisnonna proibiva a tutti di occuparla, ogni otto giorni la donna di servizio, dava la corda all’orologio che continuava a segnare le ore per nessuno, toglieva il tappeto e spazzava la polvere, che non c’era da quel salotto, puliva le poltrone, lavava i vetri strofinava le vecchie tapparelle con olio di lino e richiudeva, per riaprirla dopo un’intera settimana. Un giorno di domenica mattina, mentre la bisnonna usciva da casa per recarsi a messa, dalla porta entrò di soppiatto una birba di gatto, che si andò a nascondere sotto la ballerina, dove un grande con una cornice pesante riempiva l’ingresso, specchio dondolò per qualche minuto poi tornò al proprio posto senza più muoversi. La bisnonna, dopo aver ascoltato la Santa, messa tornò lesta a casa si sedette sulla sua poltrona dell’ingresso si tolse le scarpe mise la prima ciabatta, nella seconda il piede non entrava e iniziò a dire che si era gonfiato il piede quindi non poteva più mettere le ciabatte, si alzò e andò alla ricerche di altre pantofole più grandi, trovo quelle del bisnonno e le infilò.
Poi per riposarsi, andò a sedersi in cucina prese in mano un lavoro a uncinetto che aveva iniziato tempo addietro e continuò a lavorare. Il cotone le sfuggì dalle mani e rotolò sotto il cassettone, lei lo tirava ma il gomitolo resisteva non riuscendo ad andare avanti nel lavoro prese la scopa e tirò fuori il gomitolo con esso venne fuori un gattino di circa un mese che non riusciva ancora a mantenersi sulle gambe e si arrampicava sul gomitolo facendosi tirare dalla donna. Meravigliata la donna, rimase senza fiato a vedere quel batuffolo di peli bianchi avvinghiato al gomitolo. Com’era entrato in casa? Chi lo aveva portato? Come si chiamava? Come avrebbe potuto chiamarlo visto che in vita sua non aveva mai avuto un gatto, guardandolo bene disse felice, lo chiamerò palla di neve. Un nome appropriato per quel batuffolo bianco, che dimenava la coda per la felicità di essere stato accolto senza problemi in quella casa.
La bisnonna, sedeva sempre alla sua poltrona per lavorare, il gattino, aveva preso l’abitudine di giocare con il gomitolo, che rotolava sul pavimento, spesso era lui a tirare il filo quando la gugliata terminava, con grande pazienza, la donna spesso lo chiamava per dargli del cibo il micio non riusciva a crescere più del necessario. Un giorno arrivò il postino con una lettera da firmare la donna aprì la porta, fece avvicinare il postino mentre lei firmava, il gatto prese la via della porta e sparì.
La bisnonna si era affezionata a quella presenza non sopportò la sparizione e si ammalò di malinconia, quasi un mese durò la sua malattia poi morì chiamando sempre quel micino: “Palla di neve dove sei? Una domanda alla quale nessuno potè dare una risposta.
Anna Sciacovelli