Negli anni successivi, all’assunzione della corona delle due Sicilie, Re Gioacchino Murat, vide fallire tutti i rimedi adottati per l’estirpazione del brigantaggio, sia per le difficoltà obiettive, sia per la ragione che, in quello stesso periodo, venne spesso tenuto lontano dal Regno, per le tormentose vicende belliche, che lo avevano impegnato al seguito del cognato Napoleone Bonaparte, tra le tante sia la rovinosa campagna di Russia 1812, la guerra contro di sesta coalizione anti francese del 1813, vuoi la successiva abdicazione dell’Imperatore, che lo indussero, nel 1814 a tradirlo , alleandosi con l’Austria.
Tornando finalmente ad occuparsi del Mezzogiorno d’Italia, proprio in quel burrascoso periodo, Re Murat affidò al tenente generale Giuseppe Lechi, l’arduo compito di affrontare la situazione del brigantaggio, nominandolo Comandante straordinario della 4 divisione militare, incaricato dell’alta polizia.
Appena ricevuto l’importante mandato , in data 8 dicembre 1814, dal suo quartiere generale di Foggia, questi inviò agli intendenti delle province di Bari, Capitanata e Lecce, una lunga e circostanziata circolare, con la quale dichiarò, che era sua ferma intenzione di percorrere tutto il territorio, accompagnato dalle compagnie scelte, che aveva alle sue dipendenze, per far risorgere lo spirito pubblico e mettere i nemici del governo nella impossibilità di nuocere, ascoltando innanzitutto coloro che avessero giusti motivi di malcontento.
Si dichiarava contemporaneamente certo, che gli abitanti e tutte le autorità locali avrebbero collaborato nella distruzione del flagello, contribuendo a riportare ovunque la tranquillità.
L’abbondante carteggio dell’epoca mostra che, malgrado tali lodevoli provvedimenti, il fenomeno lungi dall’essere risolto, raggiunse ovunque proporzioni sempre più estese,tanto che non era più possibile descrivere i fatti e gli avvenimenti, sia dei soprusi, che alle vessazioni alle quali erano soggetti i cittadini, sia in città, che nei piccoli paesi.
Si hanno notizie che intorno al 20 marzo del 1815, quando Napoleone fuggì dall’esilio dell’isola d’Elba e rientrò trionfalmente a Parigi, re Gioacchino rotto ogni indugio, spezzò la recente alleanza con l’Austria, riprese le armi al suo fianco del cognato.
Il successivo 30 marzo 1815, lanciò pertanto da Rimini, un memorando appello agli italiani, chiamandoli all’Unità Nazionale, che andava vagheggiando nei suoi futuri disegni, ma il 3 maggio dello stesso anno, fu sconfitto a Tolentino dalle truppe austriache.
Costretto ad abdicare,tentò uno sbarco in Calabria e precisamente a Pizzo Calabro dove il 13 ottobre1815, venne catturato dai soldati di re Ferdinando I, condannato e fucilato nel breve spazio di circa una settimana.
Anna Sciacovelli