Si era nel mese di febbraio 1799,quando giunse nella città di Altamura, la notizia che il re Ferdinando IV di Borbone era fuggito a Palermo sin dal giorno 21 dicembre del 1798.
La popolazione altamurana si organizzò abbracciando gli ideali propagandati dai francesi e dalla rivoluzione francese. Il giorno 8 febbraio, in piazza del mercato, attuale Piazza Duomo, fu piantato l’albero della Libertà, mentre alla città si avvicinava l’esercito della San Fede capeggiato dal Cardinale Fabrizio Ruffo per ristabilire il Regno di Napoli e la dinastia dei Borbone.
L’esercito del Cardinale Fabrizio Ruffo, lasciava Matera arrivando alle porte di Altamura il 9 maggio si arrivò allo scontro diretto.
La città di Altamura si era preparata chiudendo tutte le porte secondarie della città, fece fondere le campane delle chiese, per nuovi cannoni e preparando altre munizioni, finito le munizioni gli altamurani spararono monete, allora il nemico si accertò, che la situazione del nemico era realmente critica, non c’erano più munizioni. L’Arciprete della cattedrale di Altamura Monsignor Gioacchino de Gemmis, si recò egli stesso, rischiando la propria vita, dal Cardinale Fabrizio Ruffo, chiedendo il “generale indulto”.
Il generale Mastrangelo e il Commissario Palomba, valutarono, che Altamura non poteva più difendersi. Allora il generale Mastrangelo, temendo che i prigionieri potessero svelare al cardinale i capi e i fatti del governo repubblicano, ordinò ad alcuni elementi del loro seguito (non altamurani) la fucilazione di tutti i prigionieri, che erano stati rinchiusi nella chiesa di San Francesco da Paola). Dopo tutto questo, il commissario Palomba e il generale Mastrangelo, fuggirono col loro seguito lasciando la città al suo destino.
Durante la notte, del 9 maggio molti altamurani presero la strada per Bari altri si rifugiarono nelle grotte del territorio. La mattina del giorno 10 maggio, i sanfedisti entrarono in Altamura, saccheggiandola e trucidando quasi tutti i cittadini rimasti in città. La reazione più folle che avvenne, fu contro tutte le donne di Altamura, fu lo stupro perpetrato su tutte le donne e in special modo si accanirono sulle quaranta suore di clausura, quaranta clarisse del Monastero del Soccorso di Altamura, per opera delle truppe sanfediste, oltraggiate e ad alcune venne anche tagliato il seno.
Tra i tanti morti furono trovati alcuni feriti in modo lieve, quindi recuperati in vita, tra questi un certo Raffaele Vecchioni, il quale fu curato e visse diversi anni, un certo de Marzio e il frate Lomastro, i quali raccontarono ai sanfedisti i dettagli sui capi e su i fatti del governo repubblicano.
Secondo Sacchinelli, la macabra scoperta infervorì gli animi delle truppe, tanto che Fabrizio Ruffo a malapena potè controllarle e non potè impedire il saccheggio e l’uccisione dei pochi temerari rimasti.
Quasi tutte le case, furono depredate e incendiate il saccheggio, fu veramente ingente.
La permanenza di Ruffo durò quattordici giorni, caratterizzati da terrore e desolazione, durante i quali Altamura vide svanire il suo fugace sogno di libertà. La tenacia e la resistenza opposta dai cittadini fino allo stremo delle forze, a memoria di tale impresa, alla città sarà conferito il titolo di “Leonessa di Puglia”.
Si contarono circa 1400 sanfedisti, uccisi dagli altamurani, mentre di contro non abbiamo un numero certo degli altamurani morti in quell’eccidio.
Lo storico locale Vincenzo Vincenti, ha fatto notare, che i morti furono molto più di quelli dichiarati e che molti furono gettati vivi, nei pozzi esistenti nella città di Altamura.
Anna Sciacovelli